• DOMENICA 24 SETTEMBRE 2023
Esclusiva

Mettetevi l’anima in pace

Dopo un lungo fidanzamento, mia cugina Alessandra ha sposato Luca, suo compagno di banco alle elementari, quando si dice amore a prima vista. Hanno scelto di sposarsi in comune e in una caldissima mattina d’estate, dopo che un signore brizzolato attraversato da una fascia tricolore ha detto cosa potevano e non potevano fare per il resto della loro vita, ascoltati pochi articoli del codice civile, alle 10.30 ci ritrovammo in una piazza deserta e assolata ad attendere l’ora di pranzo. C’era chi controllava l’ora alzando il polsino della camicia, chi sbuffava, chi si complimentava con la figlia della cugina appena laureata e chi scriveva e leggeva messaggi. Ogni tanto andavamo al bar a bere o a fare pipì. A mezzogiorno mia cugina disse che era arrivata l’ora di andare e la seguimmo. Fu in quell’occasione che capii l’importanza dei riti, anche di quelli più noiosi, tipo l’incedere lento delle processioni, le prediche prolisse e le lunghe pause eucaristiche, protocolli che riflettendo bene, non servono a riempire dei vuoti, ma a celebrare. Da quando questa testata è sbarcata in Italia non c’è stata una sola copertina o una sola classifica, che non abbia sollevato polveroni e critiche, sfociando il più delle volte in offese personali rivolte all’indirizzo di questa redazione, polemiche da cacciatori di like e follower, comportamenti che non hanno nulla a che fare con i temi trattati da questa testata e con l’integrità etica e morale dei nostri collaboratori. La classifica non è chi vince e chi perde, è un rito che se viene a meno, toglie ulteriore visibilità a un mondo che ha poche occasioni per farsi conoscere, occasioni il più delle volte funeste o poco edificanti. Non sono qui per difendere la classifica e non entro nemmeno nel merito del risultato, tanto non è quello a scatenare questa ira, l’atteggiamento non cambia al cambiare dei nomi e questa cosa, oltre a far perdere credibilità a autorevolezza, non fa altro che evidenziare una mentalità retrograda e provinciale. La classifica è un’occasione di condivisione, ma sembra si sia oramai persa l’abitudine alla condivisione, a meno che questa non ci veda protagonisti. Perché tanta rabbia? Non è questo il modo per esprimere un dissenso. Pensate che questo atteggiamento cambi il nostro modo di fare giornalismo o che possa influire sulle scelte editoriali e artistiche di questa testata? No. Mettetevi l’anima in pace. A meno che non ci si voglia poi tutti trovare al bar a fare pipì.

Marco Mazzi

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Marco Mazzi
Marco Mazzi è il direttore responsabile di Dj Mag Italia dal 2010

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