Marco Montemagno, popolare YouTuber, esperto di tecnologie digitali e content creator, è riuscito a rendere mainstream il suo format “Quattro chiacchiere con…” grazie a una sterminata pletora di ospiti rinomati sia in ambito business (con CEO e AD di Microsoft, Trussardi, Kiko, …) sia nel mondo dell’intrattenimento. Dallo sport allo spettacolo, dalle scienze ai social media, questo long format è caratterizzato da un approccio schietto, pop e mediamente approfondito che strizza l’occhio ai Millennials senza mai dimenticarsi dei più giovani. Nelle ultime tre settimane la lista degli ospiti si è arricchita di due nomi decisamente noti nel mondo della musica elettronica: i Meduza, trio formato da Simon De Jano, Luca de Gregorio e Mattia Vitale, e Joseph Capriati.
L’accostamento di questi artisti con nomi molto più crossover come Max Pezzali, Gué Pequeno, Renato Zero, Big Fish – rimanendo strettamente nel mondo della musica fatta e cantata – ha attirato, come quella di parecchi follower di Marco Montemagno, anche la nostra attenzione. E ci ha fatto riflettere. ‘Quattro chiacchiere con…’ appartiene, di fatto, al nuovo mainstream mediatico libero e non pregiudicato dai vizi di forma o dai rigidi format che, negli ultimi anni, hanno incancrenito alcuni popolari programmi tv. Le interviste sono normalmente lunghe e si dà spazio all’ospite di turno in maniera esaustiva. Monty, normalmente, certifica le eccellenze: il fatto che, tra tutte le opzioni sul tavolo, abbia scelto proprio loro, è un chiaro segnale della bontà del lavoro di questi produttori e della rispettiva capacità di “arrivare” efficacemente al proprio pubblico. E di oltrepassarlo. Perché se i Meduza sono di diritto nelle heavy rotation di numerose radio internazionali, e quindi non è raro imbattersi nel loro nome, Capriati non può vantare passaggi radiofonici in prime time presso radio di flusso. Un paradosso: è un dj mainstage in tutto il mondo, vanta 620mila follower su Instagram, ma fa techno, un genere non esattamente radio friendly, e quindi è un gigante “di settore”.
Capriati è un dj techno, punto. E 81k views in meno di ventiquattr’ore solo su Facebook sono numeri importanti per un contenuto di questo tipo all’interno di un format così generico. Sicuramente ci sarà stato lo zoccolo duro di technari e amanti del genere che ci si è buttato a capofitto ma, probabilmente, ci saranno state anche numerose prime volte, tanti “ma chi è?!”, parecchie facce allibite davanti a questo nome italico dal background musicale così facilmente preda di stereotipati e approssimazioni (al ribasso, di solito). Non è tuttavia la prima volta che il mainstream mediatico si interessa a Capriati: oltre ad alcune interviste su riviste più o meno patinate, ricordiamo anche un servizio di Studio Aperto della scorsa estate, diverse inteviste sui quotidiani per l’uscita del suo ultimo album ‘Metamorfosi’ e della collaborazione con James Senese, e il suo recente intervento alla Fondazione Cannavaro Ferrara, che abbiamo trasmesso pochi giorni fa sulla nostra pagina Facebook.
Il cortocircuito che ha innescato la nostra riflessione è che un dotato produttore come Capriati non ha dovuto cambiare la propria ricetta musicale o diventare più paraculo per risultare appetibile a un pubblico più vasto e nei confronti di chi ha il potere di scegliere a chi dare visibilità. L’ultimo suo album, ‘Metamorfosi’, è techno e dintorni. Punto. Ed è stato proprio questo purismo – passateci il termine – a risultare provacatoriamente interessante per alcuni giornalisti e influencer. La curiosità non è stata destata da una pianificata strategia di contaminazioni con nomi altisonanti ma dalla capacità di rimanere fedeli a ciò che si rappresenta senza risultare finti o eccessivamente costruiti.
Il caso Meduza è simile sebbene non uguale. I membri del trio erano, a vario titolo, già noti in Italia e all’estero grazie a precedenti progetti e produzioni. Questa loro particolare esposizione mediatica, per quelli che li seguivano da tempo, non ha dello straordinario mentre lo ha per tutti gli altri che, pensando erroneamente ai Meduza come il classico progetto made all’estero (o non conoscendoli neanche), si sono ritrovati a parlare con tre ragazzi italiani. Un bel goal! I Meduza sono più pop, anche se per la maggioranza delle persone che segue Montemagno sono un nome come tanti altri: non nuovo in ambito musicale, ma sicuramente non al livello delle superstar globali che strapazzano le classifiche in ambito rap o trap.
Meduza e Joseph Capriati li abbiamo così provocatoriamente di chiamarti “nuovi” dj mediatici perché, nonostante siano nomi di uso quotidiano all’interno del nostro circuito, appaiono come inediti per interi segmenti di pubblico di Montemagno che finora li avevano bellamente ignorati.
Oltre alle considerazioni che abbiamo fatto, chiaramente, c’è da considerare che tutto questo è frutto di un’operazione furba ma comunque intelligente e onesta di Montemagno che cerca famelicamente di stare sul pezzo in modo da catturare l’attenzione (e le views) di segmenti sempre nuovi di mercato. Perché, per ciò che sta dimostrando, essere un influencer non significa “cazzeggio e ostentazione” bensì caccia ai trend del momento e ciclica esplorazione dell’ignoto. Un segnale confortante, questo. Una bella dimostrazione di come, anche durante un anno in cui il peso specifico e la presenza mediatica di molti dj e produttori si sono ridotti, il mondo della musica elettronica guadagna comunque attenzioni ed è capace di interessare sinceramente nuovo pubblico rimanendo sé stessa. E nel complicato e rumoroso music business degli anni ’20 del ventunesimo secolo, non è per niente scontato.
26.12.2020