Che cos’è un boutique festival? È una definizione molto amata dagli anglossassoni e in Nord Europa per definire i festival di dimensioni volutamente ridotte, dove si crea un’atmosfera caratterizzata da colori pastello, con un itinerario guidato dove non mancano spettacoli di animazione e scenografie, ispirati un po’ ad Harry Potter e un po’ al Signore degli Anelli, e dove gli stage non sono mai troppo numerosi. Un esempio recentissimo? Mystic Garden, svoltosi lo scorso sabato 15 giugno allo Sloterpark di Amsterdam, a pochi chilometri dall’aeroporto di Schipol. 15mila persone, 6 palchi, 40 dj: per gli olandesi sono numeri da boutique festival. Beati loro.
Trascorrere una giornata a Mystic Garden significa imbattersi in un mini-teatrino dei pupi dove si mette il proprio viso dentro i pupazzi e si canta un improbabile karaoke, con la propria voce che cambierà per sempre il concetto che si ha di distorsione del suono, fermarsi in zone dove truccarsi a proprio piacimento, ascoltare un dj set rigorosamente in vinile ed una selezione che non abbiano meno di quarant’anni, fotografarsi in uno specchio (altro che i selfie…) da favola con tanto di scritta ‘once upon a time’ o imbattersi in uno strano carretto a forma di pesce dove un one-man band, fornito di un’infinità di strumenti musicali, si esibisce senza sosta.

E se tutto questo non basta, ci sono i palchi, con stage concepiti come barche dei pirati o come una sorta di gigantesca baita, mentre in altri casi si è optato per più rassicuranti tendoni, perché in Olanda il clima è pronto a cambiare più volte nel giro di pochi secondi, ed una giornata senza pioggia capita assai raramente. Il pubblico? In gran parte olandese, età adulta, ottima percentuale di presenze femminili. Non si scopre certo oggi che in Olanda i festival di musica elettronica vengono vissuti come i raduni rock in Italia: più generazioni presenti, magliette dedicate al tour del proprio dj preferito, anche se un po’ sformate dall’età e da silhouette non proprio da top model o palestrati; intere famiglie presenti, con i genitori che a volte danno l’idea di divertirsi come se non più dei figli. Provare per credere, anche e soprattutto per chi cerca un festival dove non ci siano italiani presenti, se non in minima parte.
Tutto questo ovviamente sarebbe soltanto uno splendido contenitore, se non ci fosse la musica a fare la sua parte: a Mystic Garden sono stati techno e house ad imporsi su tutto il resto, con artisti come Nakadia, Extrawelt e H.O.S.H. a distinguersi più degli altri. Nakadia in particolare si conferma sempre più una certezza, padrona della tecnica come pochi altri dj, con una selezione che non fa sconti a nessuno e non tiene conto dell’orario in cui si suona. Per lei le 6 di pomeriggio o le 6 di mattina sono la stessa cosa. Se un certo Sven Väth si è accorto di lei in tempi non sospetti, una ragione ci sarà.
19.06.2019