Giovane prodigio è forse la parola più inflazionata dell’industria della musica, dove ormai i protagonisti sono sempre più giovani e molto spesso non ci si fa problemi a definire “superstar affermate” artisti ancora minorenni. Ringraziate i tempi che sono cambiati: con internet si emerge più facilmente e più velocemente, si impara a produrre e rappare a costo zero, si conoscono addetti ai lavori in un attimo e si ha un archivio sconfinato di ispirazioni a portata di click. Nella new wave della scena rap italiana non si può non inserire Nicola Siciliano. Appena diciottenne, Nicola cresce a Secondigliano e fa da subito parlare di sè, tanto che la prima canzone pare averla scritta all’età di sette anni. Le luci della ribalta arrivano ad aprile 2018, quando insieme a Geolier – altro valido rappresentante della fortunata scena napoletana degli ultimi anni – pubblica ‘P Secondigliano’, che spalanca loro le porte al punto che solo un anno dopo Nicola registra un singolo (‘Ngopp’ a Luna’) a fianco di uno dei suoi idoli di sempre, Ntò. Il 2019 è anche l’anno in cui divide lo studio con Sick Luke e Rocco Hunt, e l’Italia scopre definitivamente Nicola Siciliano come una delle sue migliori promesse. Il 14 agosto del 2020, giorno del suo diciottesimo compleanno, pubblica ‘Napoli 51: Primo Contatto‘, un maturo assaggio del debut album uscito a fine ottobre – ‘Napoli 51’ – in cui mischia influenze rap, trap, jazz, grime, soul e funk con featuring come Vegas Jones, Ketama, Nitro e Clementino. Nicola, come la scena napoletana, ha il sapore della new big thing. Perchè Nicola, tra le tante cose, è anche la sua città. Che, garantisce lui, non è solo quella dei film.
Come te la passi in zona rossa?
Considerato che durante il primo lockdown ho scritto tutto il primo e il secondo album, spero solo non mi tocchi fare il terzo adesso.
Quindi sei il tipo di artista che riesce a trovare ispirazione anche chiuso a casa, senza stare in giro?
Di solito ho bisogno di viaggiare, o comunque di provare emozioni forti sia nel bene che nel male. In questo momento però non è che ci siano così tante emozioni, quindi cerco di ispirarmi ascoltando molta musica ed esplorando roba nuova.
Principalmente roba americana, immagino.
Sì, oltre ai vari nomi meno conosciuti quest’estate mi sono sparato l’ultimo album di Pop Smoke, che mi ha ispirato più di tutti, e nel resto dell’anno anche Roddy Ricch, che ha linee melodiche spaziali. Negli anni scorsi era riuscito a ispirarmi solo Travis Scott con ‘ASTROWORLD’, che mi ha aperto un mondo.
La tua musica però tocca anche altri generi oltre la trap, come il jazz, il soul, il grime…
Ascolto un po’ di tutto, anche perchè qualsiasi cosa faccio ho quasi sempre un sottofondo musicale, ad esempio poco fa stavo tagliando qualche sample jazz e funk. Di italiano ascolto poco e giusto per tenermi aggiornato. Mi piace molto BLANCO, non so se lo conosci, è un ragazzo emergente. In generale mi piace curiosare tra le sonorità di fine anni ’90 e inizio Duemila.
Che poi è una tendenza globale questa di pescare nell’immaginario degli anni ’90.
Da ascoltatore, più che da artista, noto molte di queste influenze, anche perchè sono cresciuto tra i vinili di mio padre e ritrovo quelle sonorità nella musica di oggi. Riferimenti che ho inserito anch’io in ‘Napoli 51’, tra l’altro. Crescere con influenze varie e di epoche diverse secondo me è molto importante, aiuta a formarti a 360 gradi e io stesso ho trovato i miei riferimenti maggiori nella musica dei Co’Sang del 2005 o 2006.
Parlami della Secondigliano in cui sei cresciuto.
Io abito ancora a Secondigliano e come tutte le persone con cui parlo immagino la tua idea di Secondigliano sia un po’ legata a come lo racconta Gomorra, che io non ho seguito…
Davvero non hai mai guardato Gomorra?
Giusto le prime puntate, la verità è che la serie ha romanzato il quartiere, che è molto più tranquillo di come si voglia far credere. Abbiamo ovviamente i nostri difetti, ho vecchi amici che hanno fatto scelte sbagliate e molto spesso l’ispirazione dei miei testi viene proprio da loro. Ma le persone che frequento a Secondigliano sono ragazzi che fanno arte e passano il tempo in studio, tutti insieme, come ti confermerebbe anche Emiliano (Geolier) o Vale Lambo. La nostra voce rappresenta quelle di tutti questi ragazzi che non hanno i mezzi per farsi sentire e che noi possiamo aiutare. Facciamo la nostra parte nel raccontare un’altra Napoli, diversa dagli stereotipi. Questo è l’intento di ‘Napoli 51’, che è “dedicato” alla città ma si rivolge a tutta la mia generazione in totale.
La scena napoletana è la new big thing?
Sì, e ne sono molto orgoglioso! Come artista, cittadino napoletano e ascoltatore. La scena napoletana si sta espandendo ed è fondamentale che prenda una posizione definitiva nella mappa della scena italiana. Ho scritto il primo testo rap a nove anni (ho ancora il video su Facebook) e ai tempi la scena napoletana equivaleva solo ai Co’Sang. Da quando si sono sciolti nessuno è mai riuscito ad elevare il rap napoletano come hanno fatto loro e sono felice che ora ci stiamo riuscendo. Ieri mi hanno inviato un video di un signore di 60 anni che ascoltava una mia canzone, mentre fino a qualche anno fa il rap a Napoli sarebbe stato qualcosa solo per ventenni. È cambiato l’approccio a questa cultura. Ad esempio mio padre che ha 54 anni ascolta solo trap. L’ascoltatore napoletano lo sa.
Per chi non è di Napoli alcuni testi sono difficili da capire, ma arrivano lo stesso per stile e musicalità. È un approccio simile a quello con l’hip hop straniero. Questa è un’arma in più per poter arrivare un giorno anche all’estero. Che ne pensi?
Feci un discorso simile ad un amico di Milano. Mi chiedeva se cantando in dialetto non avessi paura di non essere capito da coloro che non sono abituati al napoletano stretto. E allora gli ho chiesto se capisse qualcosa di rap straniero, e lui mi ha detto “sì, ma non tutto”. Con il dialetto napoletano funziona nello stesso modo. Come con lo slang americano puoi modificare le parole come cazzo ti pare, spostando sillabe e accenti o facendo giochi di parole. Per dirtene una, in napoletano puoi usare riman’ per riferirti sia a “domani” che a “rimani”. Di napoletano ne capisci quanto l’americano e proprio come l’americano te lo fai piacere anche se non capisci proprio tutto. Non penso sia un difetto, anzi.

C’è più di un interesse a guardare all’Italia dalle discografiche estere e lo confermano gli occhi puntati sul nuovo progetto di Sfera Ebbasta, che potrebbe aprire porte importanti per gli esponenti napoletani.
Ricordo che più o meno da quando Sfera Ebbasta ha pubblicato il suo featuring con Quavo (‘Cupido’) la nuova scena italiana ha generalmente iniziato a fare collaborazioni con artisti stranieri. Anche secondo me dall’uscita di ‘FAMO$O’ succederà qualcosa che riguarderà tutti, d’altronde è lui il pilastro della scena trap italiana, no?
E il tuo featuring americano da sogno qual è?
Molto di quello che faccio è influenzato dalla musica di Travis Scott, sono un suo grande fan e quindi il primo nome sarebbe sicuramente lui. Spero di poterlo conoscere un giorno! Altrimenti Roddy Ricch, è un altro artista che ascolto tantissimo.
I live sono il trampolino fondamentale della maggior parte dei progetti hip hop, perchè certi brani hanno bisogno della dimensione del palco per avere impatto e per questo motivo molti artisti hip hop hanno posticipato il più possibile l’uscita dei propri progetti. Tu invece ne hai fatti uscire due! Te ne sei fregato?
Ci ho pensato a questa cosa, ma alla fine ho sorvolato. Forse non sono il miglior esempio ma la prima parte di ‘Napoli 51’ l’ho fatta uscire il 14 agosto – in pieno Ferragosto, periodo inusuale – perchè ci tenevo uscisse il giorno del mio compleanno. Questo ti da un’idea di quanto io valuti questo discorso. Anche il periodo in cui è uscita la seconda parte, a novembre, non è certo il massimo, anzi. Non mi piace rallentare la musica o metterle i bastoni tra le ruote. Nel momento in cui stiamo parlando ho sotto gli occhi nuova musica a cui sto lavorando perchè la mia voglia di condividere musica non si fa ostacolare da questo contesto difficile.
Anche perchè non sappiamo ancora quando e come finirà questa situazione. Io credo fortemente in una sorta di rinascimento artistico.
Ci credo anch’io! Ci aspetta una sorta di rivoluzione musicale, un sentimento simile ad un’uscita di prigione. Sarà la nostra ora d’aria e sono sicuro che tutti gli artisti ci stanno pensando per i loro tour, come sto facendo anch’io con ‘Napoli 51’ che avrà ovviamente il suo tour. Assisteremo ad un’importante evoluzione.
Venuto meno il contatto personale, adesso si è tutto riversato sui social e il lato “tossico” di Instagram sta venendo sempre più fuori. Tra hating, fake e tanto altro, che momento sta vivendo il rapporto artista-fan?
Anche secondo me stanno emergendo delle criticità. Spero non continui così, anche se ha ovviamente tanti pregi. Lo stesso fatto che ora siamo al telefono è parzialmente grazie alla spinta dei social. Comunque non c’è paragone con il feedback immediato che ti dà il calore dei fan durante i tour o i firmacopie. C’è una sincerità di fondo che fa la differenza rispetto ad un commento su Instagram e che ti dà molta più carica. Qualche tempo fa ho fatto una diretta Instagram seguita da 5000 persone in cui ho suonato con la band tutti i pezzi dell’album, è stato molto bello perchè si è avvicinato alla sensazione dello stare sul palco, che mi mancava tanto. Quell’adrenalina della preparazione mentale di un live è tutto per un artista. Servirà pazienza. Come diciamo a Napoli, ci dobbiamo stringere la cintura.
25.11.2020