Non lo si può ascoltare online. A meno che non si acquisti il cd o il vinile. È l’idea di esclusività dell’ultimo album di Nicoletta Magalotti, che tutti conoscono come NicoNote, artista trasversale nota per una verve unica. L’ultima fatica discografica, ‘Limbo Session 1’, sposa la causa dell’eccezionalità e dei vecchi formati e concede lo streaming solo a chi si è davvero impegnato ad avvicinarsi agli atomi della copia fisica.
Un progetto che, come la sua stessa autrice, è sonorizzazione pura tra musica e teatro, clubbing e installazioni, performance e produzioni artistiche. La colonna sonora di giornate da ricordare. Dalla new wave italiana passando per il Morphine Club presso il Cocoricò, la passione di NicoNote, musa dell’elettronica più trasversale, sfocia tra suggestioni letterarie e licenze poetiche. ‘Limbo Session 1’ sono evocazioni beat di Lawrence Ferlinghetti, il lato oscuro del tropicalismo di Kamau Brathwaite.
Un lavoro nato dall’incontro con Bartolomeo Sailer, ovvero Wang inc, uno con alle spalle un tour italiano con gli Autechre, brani su Sonig / Thrill Jockey e live con Roy Paci, Mathmos, Fx Randomiz, Suz. Un incontro, questo tra i due, che si è sviluppato attraverso una serie di sessioni di registrazione dal vivo dove il flusso delle parole si è ritrovato sul fonema, sull’improvvisazione e il suono serenamente (e volutamente) sbagliato. Un po’ come il jazz ma con uno spirito più sperimentale, organico, onesto e trasparente.

La profonda riflessione e la meditazione sull’utilizzo della parola dove ti hanno portato?
Alla scelta di testi che arrivano da frammenti letterari, liriche. Rievocano l’immaginario di poeti e poetesse a me cari, racconti che mi hanno accompagnato in questi anni e che il disco restituisce, come dichiarazione d’amore nei loro confronti. È un corpo poetico in movimento, quello delle Limbo Sessions, nato su invito di Rizosfera, per codificare quello che non immaginavo fosse codificabile. Non era facile riprendere le attività dal vivo. È stato emozionante. Avverti che qualcosa è cambiato. Le persone, i performer sono cambiati.
È cambiato anche il tuo modo di approcciare alla musica e di realizzare un lavoro discografico?
‘Limbo Sessions’ è nato in maniera… limbica, dalla fusione tra voce, musica elettronica e spazio. Si tratta di una proposta artistica aperta. Le Limbo Sessions sono nate nel 1999, ai tempi con Davide Love Calò, e vanno oltre un dj set o una interpretazione. Il Morphine era questo e riviveva anche in diversi festival. In 20 anni questo mio concetto si è ampliato, espanso, si è naturalmente evoluto, non è un corpo a sé ma si adatta ai luoghi con evocazione, a dimensioni spaziali. E sono diventate un album. Abbiamo registrato tutto live e il sapore è live.

Tutto sembra essere figlio dell’improvvisazione, non trovi?
Abbiamo mantenuto anche un rapporto tra errori e imperfezioni, il confine è difficile da trovare. Abbiamo lavorato sul concetto di togliere delle cose. È stato l’utilizzo della parola e alcuni brandelli di testo, usati in maniera istantanea, che hanno fatto molto. Il gesto artistico è stato evidente. Poesia beat e italiana come quella di Amelia Rosselli, apolide con una lingua italiana profumata da tante influenze, poi quella dei Limbo. Tutto questo ha una radice clubbing. È come stare in un’astronave della techno, nelle Limbo Sessions.
Poesia e musica elettronica oggi emergono insieme in un momento in cui si registra una grande attenzione nel mondo della meditazione e dei suoni chillout. È un caso?
Io non lavoro a tavolino e cerco sempre di ibridare mondi differenti e che non si parlano. Trovo che ci sia un lavoro di astrazione dai beat. Non è una questione di quanto vai veloce e quanto rumore produci. Ci sono evocazioni ed intrecci estetici. Anche la parte elettronica è… improvvisativa.
Come sei arrivata a Wang inc.?
Lui ha una storia da grande producer e di improvvisatore. Ci conosciamo da moltissimi anni. Avevamo già fatto una session con ‘Emotional Cabaret’. Ci siano incontrati al Morphine con Vince Vasi. Si tratta di co-creazione con Wang inc. Di conseguenza si è arrivati a Rizosfera, con cui c’è un rapporto da oltre 20 anni. Con lo pseudonimo di AND feci ‘Fashion Victims’ e come NicoNote ‘Chaos Variation V’.

Avverti oggi l’esigenza della creazione di un luogo fisso, stanziale, perlomeno immobile, come il Morphine? Le Limbo Sessions sono così gitane.
Non ho mai pensato a un posto dove creare un laboratorio in cui ricevere un pubblico stanziale o di passaggio, tanto meno mi è mai stato proposto. Ci sono state nel contempo nuove convergenze di mercato, di arte. Così ho scelto un’altra strada. A questo punto le Limbo Session a oggi sono astratte.
Quando si dice di te cantante e performer, cosa si intende?
L’intenzione è di manifestare il qui e ora. È un attraversare lo spazio durante il live. Dire performer mi incasella in un unico ruolo, da cantante o dj, e invece vado oltre. L’immagine serve per manifestare la propria interiorità. Ecco perché si parla di body shaming. L’errore invece è un caposaldo. Forse è bene ricordare l’utilizzo di questa parola, per tentare una definizione, perché descrive un approccio alla scena che mi caratterizza è fondamentale.
La formazione e le esperienze teatrali con registi come Romeo Castellucci, Francesco Micheli e tanti altri ti hanno dato molti spunti per l’album?
La vita ti insegna cose come approcci unici alla musica, alla scena che l’attraversa nel qui, nell’ora; nella mia espressività a 360 gradi, sia essa nel canto, nel gesto, nello spazio, fa dello spettacolo un appuntamento ogni volta unico e irripetibile. Senza separazione tra i generi, i linguaggi si fondono a poesia, musica, vocalità, gestualità, spazio, installazioni.

Da dove arriva la vocazione? Insomma, artisti si nasce o si diventa?
C’è un richiamo della scena. Qualcosa che senti in maniera profonda. Per me è qualcosa di molto forte, l’arte. L’importante è manifestare. Io lo faccio attraverso le Limbo Session. Il talento va comunque curato, nutrito, così come l’ispirazione, il percorso. Anche il rumore bianco della comunicazione digitalizzata è da considerare, ci rimbomba dentro e ci fa perdere il contatto con la nostra unicità.
Dove finisce la musica, poi inizia il business?
Il tema è enorme. Non ho una risposta chiara. In questo momento il periodo è molto fermo. Non è coi dischi che si può vivere. Si sono diversificate le attività, sì. Mezzo o fine, la musica non ha solo due coordinate. Io non punto su un unico aspetto e per gli aspetti discografici mi dà una mano il mio manager, Andrea Ponzoni. È un momento, questo, in cui bisogna essere tutti più creativi. Il talento è anche reinventarsi. Sono le condizioni inafferrabili della vita.
La scomparsa di Franco Battiato cosa ha provocato in te?
Immenso, Franco. È stato molto bello, lui, sono onoratissima di averlo potuto incontrare. Lo ritengo un mio maestro, un mio mentore. Personalmente, l’ho avuto ospite in varie occasioni con Manlio Sgalambro ed è stato il regalo più grande.
08.06.2021