Sempre più spesso, parte della musica da club viene catalogata come pop. Un fenomeno non certo nuovo, ma che trova nella future house, nell’EDM e nelle produzioni trap convogliate in certo hip hop contemporaneo un compimento netto e marcato. Gli Oovee sono una coppia di ragazzi italiani che si affaccia alla ribalta con un nuovo progetto discografico appena nato. Hanno gusto, consapevolezza e idee chiare per bucare le playlist radiofoniche, fare breccia nelle classsifiche, in una parola: essere pop. Ho apprezzato molto la sincerità con cui lo dichiarano, senza timore di perdere credibilità e senza nascondersi dietro definizioni posticce. La loro “Don’t kill the night” ha le carte in regola per essere un buon successo. Universal ci crede molto, ed è partita con un lancio promozionale di profilo internazionale. Hanno contenuti freschi, un video appena uscito (molto divertente e con tre interpreti assolutamente eccezionali e spassosi), e nell’intervista che state per leggere si sono dimostrati maturi e sagaci. L’avventura di Momo e Dan è ufficialmente iniziata.
Siete all’esordio discorgrafico con “Don’t kill he night”: il vostro è un sound fresco, dance ma abbastanza spinto verso il pop, una chitarra funky e uno spiccato gusto per la melodia. Quali sono le vostre ispirazioni principali?
Dan: Fortunatamente, entrambi abbiamo dei genitori che ci hanno cresciuti a pane e musica, di tutti i generi, quindi abbiamo un bagaglio culturale davvero vasto. Mio padre ha origini britanniche, quindi appassionato di Led Zeppelin, Beatles, e compagnia bella. Noi fin da ragazzini eravamo innamorati dei Daft Punk, della dance francese, del French Touch.
Momo: Kavinsy, Breakbot, Justice, tutta quella scena. Da lì abbiamo scavato andando indietro, fino al soul, alla black music, e poi all’hip hop. E ancora tanta elettronica contemporanea: Madeon, Flume, Deadmau5…
Come vi inserite nel panorama dance contemporaneo, tra future house e EDM?
D: Non abbiamo una risposta ben precisa, al momento non c’è una label EDM che ci avrebbe preso, con la nostra proposta musicale così crossover e poco catalogabile.
M: Ma non ci interessa neanche tanto. A noi interessa prima di tutto che ci sia una musicalità, una melodia, un sound che non sia monodimensionale ma sia capace di andare più a fondo, anche verso la forma canzone. Siamo riusciti ad ottenere questo risultato con “Don’t kill the night”.
D: Cerchiamo di metterci un po’ in mezzo, tra future e EDM, ma con un nostro stile ben definito. Siamo stufi di suonare per far saltare la gente. Sai cosa sarebbe davvero bello fare, in questo momento? Dei dj set in cui la gente balla, non salta.
Quindi siete anche dj. Anzi, prima produttori o prima dj?
D: Siamo entrambi. Sia produttori sia dj, perciò quando abbiamo messo in piedi questo progetto abbiamo fatto una scelta, organizzandoci. Momo si occuperà maggiormente del lavoro in studio, mentre io mi prenderò cura della parte live, del dj set da portare in giro. Abbiamo deciso, però, che se capiterà qualcosa di “grosso”, usciremo in due, con una produzione live ad hoc.
Intendete un live con tanto di musicsiti?
M: Sì, assolutamente.
Sono curioso di vedervi, allora. Parlatemi di “Dont kill the night”: com’è nata, com’è stata prodotta, il video, tutti gli aspetti del brano.
M: È nata davvero casualmente, da un weekend insieme ai Flatdisk, due ragazzi che già conoscevamo, molto bravi, che infatti sono già usciti su label EDM piuttosto importanti. Loro sono di Viareggio, ci siamo visti per divertimento e una volta davanti al computer e agli strumenti siamo andati avanti per un po’ con una jam, finché non è venuto fuori il giro di chitarra. Da lì abbiamo lavorato a lungo, portando avanti la scrittura e la produzione, in diverse fasi e passaggi. Successivamente abbiamo trovato l’interprete vocale giusto: Rett Fisher, cantante di Los Angeles che ci ha subito fatto innamorare tutti; con la sua voce sul pezzo siamo arrivati alla firma con Universal.
Chi di voi è il compositore e chi il tecnico?
D: Il compositore è Momo, è la figura più ispirata quando si tratta di scrittura, anche se poi gli faccio da contraltare e discutiamo insieme le idee. Riguardo al mix, facciamo tutto insieme, perchè ne abbiamo le skills e perchè siamo convinti che quattro orecchie funzionino meglio di due.

Mi parlate invece del video?
D: Con il nostro A&R, Federico Cirillo di Universal Music Italia, abbiamo puntato a qualcosa di particolare, soprattuto perchè gli obiettivi sono internazionali, infatti il disco sarà lavorato anche fuori dall’Italia. Così, dopo diverse idee senz’altro valide, ma che non ci convincevano appieno, è saltata fuori quella di Jansen & Rodriguez, due registi italiani che erano a LA per un altro video. Valutato il soggetto, abbiamo dato l’ok e il risultato ora è in Rete.
Secondo voi chi sono gli artisti italiani più a fuoco, oggi?
D: Bella domanda. Tanti, i primi che mi vengono in mente sono The Kolors e Bottai.
M: Tra l’altro – piccolo aneddoto – avevamo contattato Stash per “Don’t kill the night”, prima che partisse tutto il vortice intorno ai Kolors. Ci conoscevamo ed è stato una delle prima persone a cui abbiamo fatto sentire la traccia. Poi hanno fatto la loro storia ed è saltato tutto, ma chissà, magari prima o poi le nostre strade si incroceranno.
D: The Kolors sono fighi, perchè prendono il pubblico delle ragazzine adolescenti e allo stesso tempo quello degli appassionati. A noi piacciono, è un progetto credibile.
M: Per quanto riguarda la dance, Merk & Kremont, al di là dell’amicizia personale, sono molto forti.
Quali sono i prossimi pezzi a cui state lavorando? Con chi vi piacerebbe collaborare?
D: Stiamo finendo una traccia con i Sunstars, ragazzi di Parma davvero bravi. Anzi, il pezzo è finito, dobbiamo solo chiudere gli ultimi dettagli. Ci piacerebbe collaborare con dei cantanti, perchè sarebbe un bel salto di qualità. Insieme ad altri produttori si finsice a fare le stesse cose che già si sentono in giro: nessuno, o quasi, riesce mai a produrre una vera hit, quando si mettono troppi talenti con le stesse capacità nello stesso posto. Siamo già noi dei producer, perchè averne altri? Con dei bravi vocalist, invece, il discorso cambia, potremmo avere un valore aggiunto notevole. Ci piacerebbe lavorare con Sam Smith, con i Clean Bandit. O anche con uno come Zedd, tornando invece sui produttori.
Come vedete la diffusione della musica nelle radio, in TV e sul web?
M: La radio è un buon veicolo di diffusione della musica, la tv ormai offre poco, davvero poco.
D: Anche la radio, se ci pensi: se non sono in macchina, non mi viene di ascoltarla, a parte lo streaming delle webradio.
M: Sicuramente il web è il mezzo più veloce e universale, quello in cui viene più facile cercare e curiosare.
Il passaggio in radio o in uno spot tv cambia la percezione di un successo?
M: Sì, è una prova di popolarità, la prova di uno step di successo superiore. Non basta un milione di click, quando il tuo pezzo arriva in uno spot, o in un programma TV, significa che ha sfondato il muro della popolarità dei fan ed è arrivato a tutti.
Da giovani in età twentysomething, come vi comportate rispetto all’acquisto della musica? Comprate o streaming?
M: Io compro, lo streaming è una figata ma devo possedere i pezzi, anche in vinile e in cd. Sento questa necessità.
D: Io divido due sfere di ascolto: quello che mi serve per lavorare lo scarico in digitale; se devo rilassarmi o ascoltare musica diversa dalla dance, ricorro allo streaming: Spotify o Apple Music.
11.12.2015