Una questione di cui hanno parlato molti giornali negli ultimi due anni, e che noi abbiamo affrontato probabilmente per primi in modo approfondito e andando direttamente alla fonte, con un’intervista alla persona di riferimento di Soundreef, Davide D’Atri, e cercando un riscontro analogo con SIAE, tempo fa (DJ Mag #46, dicembre 2014). Da allora molte cose sono successe, Soundreef sta trovando il proprio spazio e ha conquistato endorsement importanti come Fedez, Rovazzi e Gigi D’Alessio. Più che endorsement, clienti, visto che il fatturato e la rendicontazione non si fanno con le pose. Un interessante approfondimento pubblicato su Linkiesta ha messo in luce diversi aspetti nell’evoluzione di quello che sta diventando un cambiamento epocale da quando il monopolio SIAE nella gestione del diritto d’autore in Italia è stato messo in discussione.

In particolare, si parla della direttiva Barnier, norma europea del 2014 che permette al titolare di un’opera di poter scegliere liberamente il “gestore” a cui affidare i propri diritti. Normativa che secondo D’Atri di Soundreef “non solo sancisce il libero mercato, ma addirittura lo dà per scontato, stabilendo regole di trasparenza e correttezza supponendo già un contesto di concorrenza”. Il vero nodo è l’interpretazione giuridica che verrà data in sede italiana, perché la legge, si sa, è soggetta alla giurisprudenza e SIAE ha prontamente visto nella normativa una scarsa chiarezza, diciamo così, nel modo in cui viene regolamentato il monopolio interno di un Paese. Come dire: ok, il monopolio internazionale in Europa non è previsto, ma nei singoli Paesi possiamo mantenerlo, e quindi soltanto concorrenti esterni possono proporsi in Italia come competitor di SIAE. Versione discutibile (non siamo noi le persone idonee per farlo), e che comunque non intacca più di tanto Soundreef, al momento vero grande antagonista di SIAE, che ha sede a Londra e dunque può appoggiarsi a questo fattore.
La battaglia viene condotta sul piano dell’informazione attraverso dichiarazioni SIAE in cui si sostengono idee come il “monopolio favorevole” secondo cui anche a livello internazionale, per ogni Paese è molto più comodo avere un solo gestore che si occupi di raccogliere e rendcontare i diritti, lasciando sottinteso che SIAE è l’ideale interlocutore in quanto ormai inserita il sistema da molto tempo. Dal canto suo, ovviamente Soundreef la pensa in modo diverso, ed è pur vero che se operiamo in un regime di libero mercato suona assurda la concezione di un monopolio di fatto. Di sicuro, questo è un fatto, moltissimi artisti, da sempre, si lamentano per i costi di SIAE in relazione alla scarsa trasprenza e alle lungaggini dei pagamenti, accusando squilibri tra i “grandi” e i piccoli. D’altro canto, parecchi big nei mesi scorsi si sono mobilitati in difesa di SIAE. Naturalmente ognuno vede le cose dalla propria prospettiva e tira acqua al proprio mulino.

La vera novità da constatare è come la presenza di un concorrente agguerrito e che sa il fatto suo, come Soundreef, abbia comunque costretto SIAE a cambiare passo: iscrizione gratuita per gli under 30, borderò online, ammodernamento nei sistemi e un rapporto più aperto con i media (in questo D’Atri è sicuramente molto abile, mentre SIAE ha per lungo tempo mantenuto posizioni arroccate nel confronto con buona parte dei media) sono alcune delle misure adottate. Soprattutto, il cambio ai vertici: dalle dirigenze burocratiche degli anni scorsi (con la disastrosa nomina di Gino Paoli e i conseguenti scandali) si è giunti alla nomina di Filippo Sugar come Presidente del Consiglio di Gestione, che è sì “uno del giro” (figlio di Caterina Caselli e di Piero, nientemeno che l’erede dell’impero Sugar) ma che pare uomo dilungimiranza e di visione, a lui sono infatti dovute molte delle innovazioni elencate poco fa.
La partita è sempre aperta, nuovi player entrano in gioco, come Patamu, e questo è un panorma dove nei prossimi anni vedremo notevoli cambiamenti.
12.01.2017