Questa storia comincia nel gennaio 2014 quando al Sundance Film Festival viene presentato “Under the electric sky”, il documentario diretto da Dan Cutforth e Jane Lipsitz che racconta l’Electric Daisy Carnival attraverso gli occhi dei suoi protagonisti. Un anno più tardi quasi 400 mila persone prendono d’assalto il Motor Speedway di Las Vegas. I suoni e i colori sono quelli del festival più grande d’America che nel tripudio psichedelico del Nevada celebra la dance music. Siamo negli Stati Uniti e il paragone con “Il paese delle meraviglie” non è affatto blasfemo. Ormai è il secondo a prendere esempio dal primo. Questa è la storia di un ex cappellaio matto, leader di un gruppo di poche migliaia di californiani amanti della musica elettronica diventato una delle persone più potenti e influenti della scena dance mondiale. Ma per davvero. Questa è la storia di Pasquale Rotella.
Le tue origini sono evidenti. Cosa conosci dell’Italia?
Amo tutto ciò che è “italiano”, il cibo, il senso di famiglia e comunità, la musica classica che mia madre mi cantava e la sua ricca storia. Capisco l’italiano ma il mio parlato non è dei migliori. Voglio migliorare!
Visiti spesso l’Italia?
Non quanto mi piacerebbe. Viaggio molto per lavoro visto che organizziamo festival anche in UK e Sud America. Mi piacerebbe passare più tempo in Italia specialmente con la mia famiglia. Vengo almeno una volta all’anno.
Qual è la storia della tua famiglia? Sono molto curioso.
Mio padre è calabrese. Viene da una famiglia molto numerosa composta da sette figli e una madre single che si prendeva cura di loro durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo la fine della Guerra mia nonna mandò mio padre e le sue due sorelle in America attraverso un programma sviluppato dalla Chiesa Cattolica. Sperava che potessero avere una vita migliore. Non sapeva che sarebbero stati separati in orfanotrofi e adottati, ma mio padre e le sue sorelle più tardi si sono riuniti. Tutta la mia famiglia da parte di mio padre oggi vive a Bordighera. Mia mamma, Irene Guadagno, è nata a Pietramelara in provincia di Caserta, insieme a sei tra fratelli e sorelle. A causa della crisi economica lei e suo fratello Antonio fecero le valigie e andarono a Chicago in cerca di fortuna. Ci misero dieci giorni di nave per arrivare. Alla fine si spostò a Los Angeles dove incontrò mio padre perché entrambi frequentavano l’ “Italian Adult Club” presso la “Saint Peter’s Italian Catholic Church”. Sia il club che la chiesa esistono ancora. Qualche anno dopo nascevo io nel quartiere di Glassell Park a Los Angeles, poco più a sud di Eagle Rock dove i miei genitori aprirono insieme il loro primo negozio di alimentari. Mia madre amava la California. Era un’imprenditrice. Ha aperto ristoranti, fatto vestiti, e mi ha sostenuto in tutte le mie iniziative imprenditoriali. È venuta a ogni festival con tanta energia e amore. Era la madre di tutti qui a Insomniac.
Adesso capisco perché quando tua madre è scomparsa lo scorso anno hai organizzato un grande memorial-party all’insegna della musica dance…
Proprio così. Per l’occasione Kaskade e Chuckie hanno fatto due dj set. “Mama Irene” per me era la persona più importante del mondo e il suo memoriale è stata una grande celebrazione della sua vita su questa terra. È stata di grande supporto negli anni che ci sono voluti per far crescere Insomniac, la mia azienda. Non avrei potuto farlo senza il suo amore e sostegno. Mia madre ha vissuto una vita meravigliosa. Era molto conosciuta qui nel mondo della dance e anche il pubblico dei nostri show l’amava. Potevi trovarla sempre a ballare sul palco ai nostri festival. Avrebbe voluto una grande festa.
Parlando di musica, qual è il tuo background?
Ho sempre amato tutti i generi musicali. All’inizio ho fatto anche il dj per un po’ ma è stato solo un momento. Ora presento un radio show settimanale che si chiama “Night Owl Radio” su Sirius XM e iTunes.
Com’era la scena rave americana negli anni novanta?
Era incredibile. Stavamo vivendo tutti insieme la scena per la prima volta. Nuovi suoni, nuova moda. Siamo passati attraverso alcuni momenti difficili ma è tutto ciclico.
Nella cultura americana la parola “rave” indica la musica elettronica prima che diventasse un fenomeno di massa. Quali sono stati nella tua esperienza i momenti di transizione più importanti dall’underground al mainstream?
Il “Nocturnal Wonderland” del 2000 è stato il momento in cui le cose sono cambiate davvero almeno per la mia azienda. Le nostre presenze schizzarono dalle 15 mila del 1997 alle 40 mila di appena tre anni dopo. Non avevamo mai avuto un festival con quei numeri prima. C’è stato un enorme cambiamento a livello culturale.
Adesso la parola “rave” è stata sostituita dall’acronimo “EDM” che credo sia solo un termine creato da voi americani per brandizzare un nuovo business. Cosa pensi a riguardo?
Techno, house, elettronica, EDM. Nomi differenti nascono da epoche differenti. Per quanto mi riguarda si tratta sempre di musica dance! Credo che il termine “EDM” sia stato creato per la stessa ragione per cui esistono altri nomi che si riferiscono a sottogeneri musicali. La gente vuole un suono che sia facilmente commercializzato, compreso e identificato. Quando il termine “EDM” viene associato a tutti i generi anche secondari della musica dance c’è il rischio che le persone possano respingerlo totalmente dopo aver sentito solo una o due canzoni di un determinato sottogenere che potrebbe anche non piacere. È come se a qualcuno non piacesse tutto il Rock and Roll solo perché ha sentito una band hardcore metal.
Quando hai fondato Insomniac e perché hai scelto quel nome?
Ho aperto l’azienda nel 1993. Sono sempre stato un animale notturno, stavo in piedi fino a tardi pensando a nuove idee, pianificando la prossima festa. I miei eventi cominciavano tardi e andavano avanti fino all’alba. Quindi calzava a pennello.
Quante persone lavorano per te?
Abbiamo un incredibile gruppo di lavoro centrale di circa 125 persone (che lui chiama “Insomniacs” nda) che stanno lavorando per noi anche in questo momento, principalmente fuori della nostra sede a Los Angeles.
Quanti festival ed eventi in generali organizzi e gestisci?
Oltre ai nostri brand più famosi Wonderland e EDC mettiamo in piedi probabilmente almeno una quindicina di grandi festival ogni anno. Organizziamo anche feste durante tutto l’anno in diverse località degli Stati Uniti come Bassrush, Basscon, Crush, e Dreamstate insieme a centinaia tra concerti e serate.
Quanto ti è costato fare l’EDC a Las Vegas l’anno scorso?
È costato più di 50 milioni di dollari.
E a livello di impatto economico sul territorio di che cifre parliamo?
Nel 2015 l’impatto di EDC Las Vegas sull’economia locale è stato di 350.3 milioni di dollari. Contando gli ultimi cinque anni il dato supera il miliardo.
La scorsa estate il famoso club Cocoricò di Riccione qui in Italia è stato chiuso per 4 mesi dopo la morte per droga di un ragazzino di 16 anni. Siccome qualche volta hai avuto tristemente a che fare con questo tipo di problema, che idea hai sul rapporto tra musica dance e droga.
La droga ha avuto un impatto negativo sulla nostra cultura dance ma allo stesso modo abbiamo visto che il problema riguarda anche i festival di musica non dance. L’uso di droga e la dipendenza sono un problema serio e noi cerchiamo di educare la nostra comunità dove e quando è possibile sugli effetti negativi di sostanze stupefacenti e alcol. Esortiamo le persone a stare in salute e ben idratate offrendo acqua gratis durante i nostri festival che sono riservati ai maggiori di 18 anni. Promuoviamo costantemente la responsabilità personale. Non ti so dire se la relazione tra musica e droga finirà mai ma ai nostri eventi forniamo sempre le migliori risorse per garantire salute e sicurezza e per essere sicuri di essere in grado di aiutare la gente se e quando ce ne fosse bisogno.
Come ti trattano i media su questo tema?
Proprio come potresti pensare. Non molto bene.
Collabori anche con le istituzioni per risolvere questa piaga?
Abbiamo un team formidabile che si occupa di salute e sicurezza che lavora con noi a tempo pieno per assicurarsi che l’ambiente che mettiamo a disposizione dei nostri “Headliners” (così chiama i clienti dei suoi eventi nda) sia il più sicuro possibile. Misure legislative locali rafforzate, staff medico e risorse umane sono una parte importante del nostro piano per creare un ambiente sano e positivo.
Hai mai pensato: “Ok, basta smetto!”
Ho attraversato alcuni momenti duri sia dal punto di vista personale che professionale ma non ho mai pensato di mollare per più di 24 ore. Ho ancora molto da fare. È la mia passione.
Sei considerato una delle personale più potenti nell’industria della musica dance. Senti questa pressione?
Molta della pressione viene da me stesso. Voglio sempre fare meglio dell’evento prima e creare sempre esperienze uniche e nuove.
Il fatto di essere diventato padre ha cambiato il tuo punto di vista?
No per quanto riguarda Insomniac ma ha completamente cambiato la mia vita personale. Adesso non posso immaginare la mia vita senza la mia famiglia. Tutto quello che faccio è per loro. Mia figlia Rainbow mi stimola continuamente a guardare il mondo attraverso i suoi occhi dolci (pochi giorni dopo questa intervista la moglie di Pasquale, Holly Madison, trentaseienne ex modella di Playboy ha annunciato la sua seconda gravidanza nda).
Com’è la festa dei tuoi sogni?
La festa dei miei sogni è quella dove ognuno può vivere l’esperienza che gli cambia la vita e che non potrà mai dimenticare. E dove nessuno si lamenta.
Qual è il futuro della musica dance?
Senza limiti.
Troveremo tutto questo nel libro che stai scrivendo? A proposito, quando uscirà?
Sì, questo e molto altro. Sto lavorando al libro dove non è solo la mia storia che sto cercando di raccontare. Voglio veramente disegnare un quadro di quello che è stato fin dall’inizio e sento una grande responsabilità nel raccontare la storia nel modo giusto. Vorrei che ci fossero più ore in un giorno così potrei anche farcela prima o poi.
19.05.2016