“Le giraffe sono gli animali più pacifici del mondo. Mi rasserenano lo spirito, e nei momenti di stress mi ricordano di restare calma”.
Come nasce una stella nell’industria musicale di oggi? Come si può riassumere l’algoritmo perfetto per la conquista del grande palco? Interrogativi antichi, che durano una vita e la cui risposta azzeccata può variare a seconda del decennio in cui si pone la domanda. Nel 2018 la fenomenologia del successo può riassumersi anche in un solo nome: Peggy Gou.
Nata ad Incheon, in Corea, ma allevata dalle calde braccia di Berlino, Peggy ha avuto modo di crescere nelle viscere underground della capitale tedesca, rafforzando il proprio nome e consolidando la propria presenza disco dopo disco, in una scena che sicuramente si caratterizza per una concorrenza ferrea e universale. La prima tappa era stata Londra, dove è rimasta per dodici anni dopo aver lasciato la casa a quattordici. L’obiettivo iniziale di Peggy era lavorare nel business della moda, ma le priorità sono cambiate dopo la scoperta del djing e della produzione di musica elettronica. Una scelta repentina, che ha portato il cammino della coreana in un negozio di dischi di Berlino, dove ha lavorato per un lungo periodo, alternando il lavoro con weekend interi passati tra le mura del Berghain. Nello storico tempio della techno, Peggy ha avuto modo di assaporare in ogni sfumatura il rapporto tra il dj e il pubblico, tra il cuore pulsante della cassa e le emozioni umane, divenendo presenza fissa nelle prime file della folla per anni. Pare chiamassero Peggy Zone la zona dei fedelissimi dove la giovane ha passato intere notti. Il Berghain per lei è stato un percorso e una rivelazione: il codice per poter sbloccare una passione e un talento che ogni anno la portano sempre più lontano. In una delle sue ultime interviste, ha dichiarato che il suo grande sogno fosse esibirsi al Berghain, prima donna coreana a farlo. Ci è riuscita quest’anno.
Il 2018 della ventottenne Peggy Gou è stato all’insegna di una fittissima schedule di esibizioni globali, tra cui il Coachella, e da ben quattro release che hanno contribuito ad accelerare l’ascesa della coreana nella scena attuale. Dischi perfetti, connubio ideale tra sonorità eleganti e allo stesso tempo facili per il grande pubblico. Esempio perfetto è ‘It Makes You Forget‘, un brano di incredibile raffinatezza e stile, che ben si colloca in un rooftop party al tramonto quanto nel soundtrack ufficiale del videogioco FIFA 19, in un after berlinese come nelle playlist più mainstream di Spotify. Questa è l’anima di Peggy: un equilibrio perfetto tra la credibility del club e l’estetica della pop star. Una dj coreana che si esibisce in tema floreale per migliaia di veri e propri adepti. Questo perchè, oltre ad ottimi dischi e dj set che non si fanno parlar dietro, è l’immagine di Peggy a riassumere i connotati perfetti del fenomeno musicale moderno. Oltre ad essere una bellissima ragazza, la comunicazione della Gou non è mai casuale: la presenza nei social media è curata al dettaglio, così come il suo abbigliamento (non a caso per il 2019 è previsto il lancio della Kirin, la sua linea di moda prodotta dalla New Guards Group, la stessa casa di Off White, marchio che proprio nel rapporto con la musica sta trovando molto del suo successo) e tante altre curiosità. Ad esempio, il pubblico delle sue esibizioni è solito togliersi le scarpe e tenerle in aria. Non è chiarissimo il motivo, lei scherzando in un’intervista per i-D fa riferimento all’assonanza tra la parola “Gou” e quella “shoe”: non a caso il primo episodio di “scarpe in aria” è avvenuto al Glastonbury, il più famoso festival musicale britannico. Quando suona la Peggy scarpe in aria dunque, ma anche tanti peluche. Nonostante i suoi set si svolgano per lo più in festival underground di notevole serietà – come Dekmantel o Kappa – le sue console sono sempre condite di morbidi animali sorridenti. Per lo più giraffe, da sempre l’animale preferito della dj, che ne è affascinata dalla maestosità e bellezza. C’è proprio una giraffa tatuata su una sua gamba, e se volete saperla tutta, il nome della sua line d’abbigliamento (“Kirin”) in coreano significa… giraffa.

L’exploit di Peggy è avvenuto in soli due anni, tempi assurdamente brevi in un ambito come quello dell’house, che ha solitamente bisogno di alcune fasi necessarie per poter costruire un’audience di livello. Come per Amelie Lens, anche per Peggy l’asso nella manica è stato trasmettere spontaneità. Riuscire a trasmettere in pieno le sue manie eclettiche e sottolineare il carattere personale del riscoperto legame con le tradizioni della terra da cui era fuggita, lasciando trasparire un’intima apertura con chi la segue, che non può non affezionarsi. In un costante alone di buon umore che invade l’ambiente intorno alla sua musica, dal festoso Circoloco di Ibiza ai più oscuri club del Nord Europa, a chi è nella folla o su Instagram in fondo non importa se Peggy sia realmente così nella vita quotidiana, perchè non ne ha interesse e quanto viene mostrato è comunque credibile. In un’intervista recente, è proprio a lei dire che “il forte legame instauratosi col pubblico è dovuto al fatto che sanno io sia una di loro, una fan sfegatata della musica“. Il 2018 vedrà anche il lancio della sua etichetta musicale, la Gudu, da pronunciarsi nell’inglese Gou Do (“Gou fa”), con la quale vuole avere più indipendenza nelle prossime release e allo stesso tempo supportare gli artisti che negli ultimi tempi sono ruotati intorno a lei e la cui musica le ha fatto da ispirazione. Il 2017 l’ha vista in console più di un centinaio di volte – numeri da superstar – avendo allo stesso tempo il modo di dividere il palco con nomi quali The Black Madonna, Jackmaster e tantissimi altri. I suoi prossimi appuntamenti da qui a dicembre la vedranno impegnata in alcuni dei festival più importanti del globo, come il BPM, l’ADE, l’Oasis, il DGTL e il Lost Paradise australiano. Due le occasioni per sentirla in Italia: il 15 settembre a Venezia, in occasione del party prodotto da Elrow, e il 1 novembre al Club To Club di Torino.

Un tempo, la sintesi della pop star trovava la sua chiave nell’eccesso, ovvero ingigantire l’ego fino a renderlo al di sopra del trend comune, ed elevare il personaggio in questione ad una sorta di creatura divina, ascetica dalla comune società. Nell’era dei social media la stella della musica è riscritta in ogni sua proprietà. Non è più un’entità superiore, è un mortale come tutti; non è un oracolo musicale, ma una “fan sfegatata” proprio come chi ha pagato il biglietto; la star moderna è una ragazza del pubblico che ci ha creduto di più. Pensate a Martin Garrix: un ragazzino travolto dal successo e trovatosi in cima al mondo dopo qualche anno di lavoro, ma sempre umile e legato ai propri fans come fossero amici di vecchia data. Ma nel suo infinito bagno d’umiltà, di certo non lascia al caso il look, la comunicazione nei social, la cura del dettaglio. Così come la sorridentissima e amatissima Amelie Lens, di cui vi abbiamo parlato come il futuro della techno. Provate a fare due domande ai loro fans sul perchè adorino così tanto la loro beniamina; vi risponderanno quasi certamente “è una di noi”. E allora brava Peggy. Tecnicamente ottimale, esteticamente perfetta, strategicamente presente. Una di noi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
18.09.2018
18.09.2018