Foto: Lorenza Depeder/Poplar Festival
In un momento in cui musica dal vivo, mondo della cultura e del turismo sono in grande affanno e si stanno interrogando su come fare per sopravvivere al difficile periodo, alcune realtà si stanno reinventando secondo il credo “evolversi o morire”. Un mantra che, in molti casi, ha imposto un radicale e repentino cambio di prospettiva. E dopo avervi descritto la svolta virtuale di molti format, grandi festival internazionali – vedi Tomorrowland Digital – e addirittura piattaforme di streaming, ora vogliamo tornare sul territorio per assaporare gli eventi dal vivo come abbiamo fatto qualche giorno fa con il nostro report di Caprice.

Un giovane festival che ha saputo reinventarsi senza perdere per strada la propria anima è il trentino Poplar. Nato nel 2017 con un’impronta indie e pensato principalmente per gli studenti universitari che affollano l’Ateneo di Trento, dopo tre edizioni – l’ultima ha visto circa 10.000 presenze – non si è fatto spaventare dalla complessa situazione attuale e ha deciso di mutare pelle. Abbandonata, per ovvie ragioni, la classica formula del main stage super affollato, Poplar si è suddiviso in 4 eventi a numero chiuso che si sono tenuti in altrettanti luoghi iconici del capoluogo trentino. La splendida terrazza panoramica di Sardagna, il Castello del Buonconsiglio, le Gallerie di Piedicastello e il MUSE – Museo delle Scienze. Tutti luoghi, questi, legati a doppio filo con la storia, la cultura e le bellezze turistiche del luogo in cui si svolge la kermesse autunnale. Un modo per far vivere e respirare agli studenti non solo la musica ma anche per introdurli alle bellezze del territorio e spingerli alla scoperta di realtà culturali, storiche e scientifiche che – mai come in questo periodo – hanno bisogno di pubblico. E visibilità.

Dei quattro concerti, noi abbiamo partecipato a quello tenutosi all’interno del MUSE, in virtù dell’affinità stilistica che ci lega all’headliner della serata: il controverso e istrionico PopX (si legge Popper). Tenutosi tra enormi scheletri di balene e ricostruzioni di giganteschi dinosauri, il live in solo di PopX ha animato un posto che mai prima d’ora aveva ospitato un concerto di queste fattezze. Trasfigurato da un impianto luci d’impatto, il MUSE ha offerto uno spettacolo nello spettacolo, con i suoi animali, scheletri, reperti archeologici e ambienti alpini a fare da cornice a un’ora di concerto. L’artista trentino, abituato a performance estreme e a show sopra le righe, ha suonato con il freno a mano tirato e si è lasciato andare solo all’ultimissima canzone, quando ha scosso il museo fino alle fondamenta con la psy trance di ‘Cattolica’. Sicuramente il momento più catartico e liberatorio, in cui la voglia di ballare dei presenti è esplosa con un potente urlo di giubilo. La possibilità di tornare a mangiare e respirare musica dal vivo ha acceso il cuore di tutti i presenti, consci che – molto probabilmente – in tempi “normali” – non avremmo potuto vivere un concerto così intimo (le persone erano circa 200) all’interno di uno dei musei delle scienze più visitati e famosi del nord Italia.
La buona riuscita di Poplar non sta solo nella sua capacità di condurre in porto eventi rispettando tutte le stringenti normative sanitarie ma, anche e soprattutto, nella sua capacità di collaborare virtuosamente con alcune iconiche realtà del territorio che, da questa joint venture, trarranno sicuramente beneficio. Una situazione win-win che dimostra come, nonostante il rispetto di tutte le misure anticontagio, sia possibile non annacquare la bellezza dello stare assieme e vivere, finalmente, le emozioni della musica live. In real life.
08.10.2020