Foto: Ilenia Tesoro
Da qualche settimana è disponibile ‘Isla diferente’, il nuovo album di Populous, un disco maturo in cui è facile notare un’ulteriore evoluzione dell’artista che è stato capace di proporre dieci canzoni che si uniscono in una sorta di sogno in grado di liberare la mente.
Abbiamo deciso di raggiungerlo per parlare insieme del progetto. È stata una lunga e interessante chiacchierata, nella quale abbiamo potuto conoscere meglio Populous sia come artista che come uomo e in cui sono emersi le idee, i valori e la passione che lo guidano.
Com’è nata l’idea di questo album?
Questa domanda è semplice e allo stesso tempo anche complessa. Io non sono un vero e proprio musicista, ma un appassionato di musica, e ho bisogno di continui stimoli e suggestioni che trovo in nuova musica, nuovi ritmi, nuovi suoni. La cosa che mi piace di più è avere stimoli visivi, sensoriali ed estetici. È nato tutto un po’ per caso perchè stavo cercando delle isole piccole che avessero questo mood che permettesse di sentirsi “lontani dalla società contemporanea”. Avevo bisogno di scrivere musica in un posto nuovo, diverso. Sapevo che questa sarebbe stata la soluzione. L’idea iniziale era Panarea, ma l’aspetto climatico mi ha fatto cambiare idea. Le Canarie sono un’ottima via di mezzo sia climaticamente che come idea: raggiungibili, ma lontane abbastanza da risultare “un nuovo mondo”. Ci ero andato in vacanza con amici e avevo pensato sarebbe stata la location perfetta per scrivere della musica e quindi da quel momento avevo deciso che il disco lo avrei scritto a Lanzarote.
Foto: Piero Percoco
Tutte queste sensazioni di cui dici di aver bisogno, sei riuscito a trasportarle nell’album. Ascoltando il tuo disco sembra di vivere una sorta di viaggio onirico, ma un viaggio spensierato. C’è proprio una sensazione di relax e di felicità, e anche quando magari intervengono ritmi più psichedelici come in ‘Casa Bolero’, ci pensa poi l’arpeggiatore a ristabilire quella sensazione di pace.
Nel brano che hai citato il testo parla dei contrasti nella vita, bisogna sapere accettare anche la parte più oscura e i momenti di transizione, e questa cosa è descritta anche dagli effetti utilizzati per la voce, che nella prima parte è stata trattata in modo che sembrasse quasi una sorta di alieno. Che poi in un certo senso, tutta l’isola di Lanzarote è un po’ aliena, sembra la location perfetta per un allunaggio. Così come il concept che c’è dietro ‘Latin Ambient’, volevo che il disco avesse questa doppia faccia: che fosse fisico, con questi ritmi macherici, che senti in pancia, con tante frequenze basse, ma allo stesso tempo che tutto ciò che c’è sopra, in superficie, galleggiasse in una sorta di dimensione spazio temporale sospesa. Quando i miei amici mi facevano domande sul disco io rispondevo “è tipo un disco ambient, ma latino”. Era nato per gioco, ma poi ho deciso sarebbe stato il nome dell’etichetta.
Beh direi che è una definizione estremamente calzante della tua musica, sono due termini che la descrivono alla perfezione.
C’è da dire anche negli ultimi anni mi sono molto avvicinato a questa composizioni di musica curativa, in cui i suoni avvolgenti dei pad o dei droni ambient hanno questa funzione quasi psico attiva per me. E credo sia un po’ l’obiettivo di queste opere così “dilatate”. Mi piaceva l’idea di descrivere quest’isola, che nel disco è un luogo inventato, perchè di base è stato scritto là, ma tutto il paesaggio che volevo richiamare era un’isola immaginaria, qualcosa che avrebbe preso spunto dalla realtà, ma lo avesse poi traslato in qualcosa che non esiste. Volevo che avesse questo mood sospeso, sognate, onirico e misterioso. Questa cosa la racconta anche la copertina del disco.

La copertina di ‘Isla diferente’ è stata realizzata da Daniele Castellano, artista che disegna anche per il cinema e per l’editoria italiana e internazionale.
Se tu guardi la copertina, c’è una certa luce, ma non volevamo esplicitare se fosse un’alba o un tramonto, volevamo che fosse qualcosa di indefinibile, e che già la cover risultasse un portale verso questo mondo. E anche la tracklist in realtà si sviluppa in modo circolare: l’ultimo pezzo è una rivisitazione del primo. Volevamo che ci fossero queste alternanze di up and down costanti.
Da tutto ciò che ci hai appena raccontato mi sorge una domanda: che cos’è “l’isla diferente” per te?
Il titolo è dato un po’ dalla title track, perchè a un certo punto il vocal dice “Benvenuti sull’isola differente. Questo è un nuovo mondo o un nuovo modo di pensare?” Questa frase secondo me è descrittiva dell’idea che mi ero fatto. Ogni tanto abbiamo bisogno di fuggire, e se a volte lo facciamo fisicamente, tante altre lo facciamo mentalmente. Volevo che questo disco fosse un incontro tra queste due cose: una fuga dalla realtà, una realtà che stiamo vivendo che è pesantissima: ci sono guerre in corso, crisi politiche e finanziarie. A volte quando siamo iper stimolati da una serie di notizie che dobbiamo per forza sentire per essere aggiornati, proviamo il desiderio di isolarci e di staccarci anche solo per un’ora per non essere esposti a questo bombardamento di notizie orrende. Io somatizzo tutto tantissimo. Questo è stato un po’ il mio modo di straniarmi dalla realtà, una realtà che non sempre mi e ci piace e provare a prendere una pausa, una sorta di meditazione mentale e fisica. E da qui nasce anche il concetto che c’è dietro la citazione dell’ecstatic dance, che è una danza che mediante dei movimenti non studiati, liberi e istintivi prova a farti arrivare a una sorta di stato di trance. Questo è un po’ il concetto che sta dietro anche alla club culture. La gente che va a ballare e la sera si prende quelle 4-5 ore, si prende l’ MDMA, e stacca completamente. Io lo vedo un po’ come un momento di libertà: voglio muovermi, viaggiare con la mente, eccetera.
È questo il motivo per cui ha scelto di andare via e di produrre il disco in un altro contesto? Liberare la mente e concentrarsi per esprimere se stessi nel migliore modo possibile?
Quando ho iniziato ad ascoltare musica elettronica mi sono tanto avvicinato a quella che veniva fatta in Inghilterra, in Germania, in Islanda. Erano delle composizioni che non potevano essere slegate dal territorio da cui provenivano: se uno cresce nei fiordi è difficile faccia musica reggae. I suoni, le melodie, il mood di un disco, sono strettamente legati all’ambiente circostante durante la sua composizione. Sentivo l’esigenza di nuovi stimoli. E quindi è nata l’idea di volermi trasferire su un’isola piccola. Lanzarote è un’isola materica, visitandola percepisci questa idea di lava, terra, sassi, ghiaia: è come se tu vedendola la stessi toccando, e mi interessava, al di là di aggiungere field recording raccolti sull’isola, il concetto di avere questo suono organico. Il turismo di massa non esiste, alcune parti dell’isola sono quasi incontaminate: ti ritrovi a fare chilometri senza incontrare nulla, attraversando una vegetazione scarna. Dal Sahara a volte arrivava questa polvere che rendeva il cielo bianco e sembrava di essere catapultati in un posto alieno. Volevo con la musica dare anche questa idea di organicità ed è il motivo per cui molti suoni dell’album sono sì ricampionati, ma sono suoni veri: tante percussioni, chitarre classiche, eccetera. Avevo una lista di strumenti che volevo utilizzare: volevo un balance tra digitale e analogico.
Foto: Johanne Lanzarini
L’album è diviso in 10 canzoni, ma fondamentalmente sarebbe potuta essere anche solo una unica e lunga traccia: è un viaggio unico, è un lavoro molto coeso e “unitario”.
Questo per me è IL complimento perchè mi piacciono i dischi che hanno una forte identità che hanno un concetto forte e uno stile alle spalle. Volevo fare una cosa simile. Nell’album che avevo fatto in precedenza, ‘W, c’erano un sacco di collaborazioni vocali e purtroppo, nonostante ci fossero tante canzoni che ancora oggi mi piacciono molto, credo che da un punto di vista di coesione, peccasse. Quando hai tanti featuring non è così semplice mantenere un disco coeso. Ecco perchè questo disco ha poche collaborazioni vocali, e le voci sono state trattate come fossero veri strumenti musicali, anche in fase di mix: al di là di ‘Suelta’ con Esoterica Tropical che è una ballata e in cui la voce quindi anche a livello di mix viene più fuori, in tutti gli altri brani abbiamo tenuto le voci come fossero synth, ecc. Non volevamo dargli una connotazione pop perchè volevamo che tutto fosse coeso e denso e omogeneo. Avevo una lista di amici artisti con cui avrei voluto collaborare, ma ho preferito mantenere un discorso strumentale con qualche episodio cantato: di base è il disco di un produttore.
Durante tutta questa chiacchierata, parlando del disco, tu hai sempre usato al plurale. Hai lavorato a stretto contatto con Rocco Rampino. Com’è nato il rapporto con lui e com’è stato lavorare fianco a fianco per un intero progetto?
Me lo hai fatto notare tu (ride), ma effettivamente è vero perchè siamo stati un team. Devo davvero tanto alle persone che mi hanno aiutato, e Rocco è stato sicuramente colui che mi ha aiutato di più. Ci conosciamo da una vita, siamo entrambi salentini. Le nostre strade hanno preso direzioni differenti, ci sentivamo poco, ma sempre. Siamo sempre stati legati. Quando è tornato a vivere in Italia, abbiamo ricominciato a parlare sempre di più perché entrambi ascoltiamo musica sperimentale stranissima, che magari non è una cosa di cui ti accorgi sentendo ‘Isla Diferente’. Quando ho deciso sarebbe stato il momento dell’album nuovo gli ho detto subito che mi sarebbe piaciuto collaborare per la produzione del disco. Per me durante la produzione è stata anche una cosa mentale, avevo bisogno di supporto morale e sentivo la necessità di avere la sua approvazione. Io mi son trovato benissimo, è stata la controparte perfetta. Io sono iper critico, e a volte, se si è iper critici, ma soli, si sa già che non ci sarà un risvolto positivo, mentre se c’è una persona come te, ma che non sta lavorando al suo disco, a volte è lì che ti rincuora spiegando che in realtà il prodotto è valido. È stato un supporto reciproco, un rapporto naturale, senza discussioni, che alla fine di tutto quanto ci ha portato a chiederci perchè non lo avessimo fatto prima. E ti anticipo che questa cosa continuerà. Ha già messo le mani su EP di roba mia dance. Secondo me faremo anche dei dischi insieme proprio con un nuovo progetto e un nuovo alias.
Un’ultima cosa: come porterai in giro questo album?
Ci sarà un tour dj set per l’estate, da settembre presenteremo un live audio/video con dei performer, non musicisti, ma non voglio anticipare molto… diciamo che è molto legato al concetto di ecstatic dance. Lo presenteremo a Roma Europa. Ci saranno date anche in Europa come a Londra e Berlino.
01.05.2025