• MERCOLEDì 04 OTTOBRE 2023
Interviste

Recondite e lo spirito del tempo

Il geniale musicista tedesco torna con il suo nuovo album, perfetto per inquadrare lo zeitgeist, lo spirito del tempo che stiamo vivendo da due anni a questa parte

Recondite è tornato. Il geniale artista tedesco è infatti appena uscito con il nuovo album ‘Taum’ sulla sua etichetta Plangent: un lavoro nel quale si alternano alti e bassi, speranza e disperazione, un perfetto manifesto in musica dello zeitgeit, lo spirito del tempo che stiamo vivendo da due anni a questa parte. Assai amato in Italia e amante a sua volta del nostro Paese, Recondite parla del suo nuovo album e di tanto altro in questa intervista con DJ Mag Italia: mai banale, come non sono mai banali le sue composizioni.

 

Come è stato produrre il tuo nuovo album in piena pandemia?
All’inizio della pandemia non ero per niente motivato a produrre musica, c’è voluto del tempo perché mi adattassi a questa situazione e a tutti i cambiamenti che ha comportato. Dopo qualche mese ho riaperto… il cassetto dove c’erano i miei vecchi progetti acid e mi sono tornati voglia e desiderio di lavorarci.

Anche ‘Taum’, il titolo dell’album, rispecchia opposti stati d’animo.
Taum è un mix tra le parole tedesche taumeln (acrobazia) e traum (sogno). Se devo scegliere quali sensazioni hanno prevalso, scelgo taumeln.

Come nasce una tua traccia?
Di solito inizio da un loop, in particolare dalla linea di basso e dal kick: da qua parto per creare le atmosfere, poi aggiungo elementi ritmici. Dopo tutto ciò, se il loop mi soddisfa davvero, passo all’arrangiamento della traccia, per poi mixare tutti i livelli e ottimizzare la qualità del suono.

 

Che cosa ti ispira?
Non so dire che cosa mi ispiri in particolare. Devo sentire l’impulso naturale di fare musica, senza nessuna forzatura: non è un processo che posso controllare. Per ogni artista le sue opere sono il frutto di quello che si è vissuto e che si vive.

Ti dividi tra Berlino e la Baviera. Similitudini e differenze.
Campagna contro città, quiete contro rumore, solitudine contro la socializzazione… Io bisogno di tutti questi contrasti, ecco perché sto bene in entrambe queste due realtà così diverse, così come a volte mi sento perso. Chissà dove vivrò in futuro!

Tu, Paul Kalkbrenner e Stephan Bodzin rappresentate tre facce di una techno tedesca popolare e ricercata allo stesso tempo. Senza scomodare i Kraftwerk  e la lunga serie di nomi che hanno caratterizzato il passato, è corretto parlare di una scuola tedesca in merito alla musica elettronica?
Non so dirti, ma di sicuro noi tre siamo accomunati dal creare musica elettronica con una certa atmosfera, melanconica e melodica. Se sia lecito parlare di una scuola tedesca non lo so, di sicuro nel nostro paese c’è sempre stata tanta attenzione per l’elettronica.

 

Com’è lavorare con una label come Afterlife? La consideri un’etichetta più tedesca o più italiana?
Onestamente la considero più italiana, non soltanto perché si tratta della label del Tale Of Us. Mi piace molto il loro approccio professionale, intelligente e visionario. Sia l’etichetta che gli eventi Afterlife hanno una cifra stilistica tutta loro, che si distingue dal resto.

E sempre a proposito di Italia, quali i tuoi punti di contatto con la nostra nazione?
Da bambino venivo in vacanza in Italia e da sempre associo il vostro paese al bello e al buono: spiagge, pizza, lemonsoda e gelato! Mi sono sempre divertito a suonare in Italia, mi è mancata tanto durante la pandemia e sono stato così felice di essere tornato l’anno scorso al Cromie di Taranto. E tra i dj i miei migliori amici sono italiani: Mind Against, Tale Of Us, Hunter/Game, Agents Of Time, DJ Tennis …

Restiamo da noi. Doveroso il riferimento alla presenza della tua traccia ‘Levo’ nella colonna sonora di The Young Pope, la serie tv di Paolo Sorrentino…
Ricordo molto bene che cosa ho provato quando l’ho appreso dalla società che si occupa del mio publishing. Che notizia fantastica! Mi sono sentito così felice nell’apprendere che Paolo Sorrentino avesse apprezzato la mia musica, così come ho provato un qual certo orgoglio quando l’ho sentita per la prima volta trasmessa da HBO (il canale tv americano che ha prodotto la serie insieme a Sky – ndr).

 

Altra domanda se vogliamo inevitabile: il tuo rapporto con i social network?
Difficile. Non mi piacciono, ne farei a meno ma so che servono quindi li uso lo stretto necessario. Non nego siano utili per mettere in contatto tante persone, ma i social caricano le menti degli artisti di troppe pressioni, così come trovo molto strano che una cena di un dj o un suo volo abbiano più riscontro di un album. È un problema che investe tutti quanti, si è sempre alla ricerca del consenso altrui più immediato possibile e così ci si riduce a passare ore e ore su Instagram…

Poco tempo – o lo stretto necessario – dedicato ai social. Tempo per i tuoi hobby lo trovi?
Mi piace praticare sport, basket e yoga in particolare. Mi alleno cinque/sei giorni a settimana: sono diplomato in fisioterapia quindi so bene quanto sia importante avere cura del proprio corpo. A volte possono bastare una sessione di 15/20 minuti di yoga o una camminata immerso nel silenzio.

Ultima domanda. Perché il nome Recondite?
Deriva dal latino reconditus, che possiamo tradurre in misterioso, appartato, inaccessibile: è il mio modo di porsi, non faccio musica che arriva subito alla gente, ma va scoperta di volta in volta. Così come stare in disparte, quasi nascosto sullo sfondo, fa parte della mia personalità.

 

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Dal 1996 segue, racconta e divulga eventi dance e djset in ogni angolo del globo terracqueo: da Hong Kong a San Paolo, da Miami ad Ibiza, per lui non esistono consolle che abbiano segreti. Sempre teso a capire quale sia la magia che rende i deejays ed il clubbing la nuova frontiera del divertimento musicale, si dichiara in missione costante in nome e per conto della dance; dà forfeit soltanto se si materializzano altri notti magiche, quelle della Juventus.

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