Foto: Muccitas
Stefano l’ho conosciuto incontrandolo ai festival e alle presentazioni dei dischi. Era impossibile non notarlo, naturalmente perché uno così torreggiante (per usare un aggettivo che lui stesso aveva inserito su WhatsApp per descriversi) non passa inosservato. Ma soprattutto perché aveva un sorriso bonario che metteva serenità. E poi avevo stima di lui e di quelli come lui della sua generazione, ne ammiravo le speranze e la capacità di armarsi di una videocamera e partire pagando di tasca propria per una recensione, un incontro, una foto per qualche blog che stava in piedi grazie alla grande passione di chi se ne occupava. La bella passione che anima quelli che hanno un grande desiderio. Dopo qualche tempo si era diventati buoni conoscenti e ci si frequentava un po’ sui social.
Un pomeriggio d’estate di un paio d’anni fa, lo ricordo bene, ero al lago e ricevo una sua telefonata. Si discusse riguardo al fatto di scrivere per DJ Mag, si era proposto lui, a me l’idea piaceva, lo trovavo adeguato alla testata, aveva la freschezza giusta di chi ha 20 anni e uno sguardo non viziato da certe sovrastrutture. Ne parlai con Marco Mazzi e Stefano entrò a far parte di questa famiglia inserendosi subito nel gruppo. Siamo diventati amici, mi fa piacere dirlo. Con lui condividevo un umorismo un po’ sfacciato e la voglia di non tirarsi mai indietro di fronte a una battuta. Stefano era un grandissimo appassionato di musica, uno che sapeva dire candidamente le cose come stanno, abbastanza lucido da scrivere critiche anche aspre verso gli artisti che amava, abbastanza determinato da prendere treni e aerei per vedere spettacoli che qui non sarebbero passati. Era felice di andare a vedere Eric Prydz in Scozia, o l’anno scorso a Londra, in una trasferta che si è rivelata una bellissima gita di redazione, con Michele Anesi, io, e la sua inseparabile fidanzata Betina, sua ideale controparte femminile, altrettanto appassionata e pronta all’avventura in nome della musica.
Era dotato di un’intelligenza affilata. Era un’ottima penna. Aveva il vizio di andare a capo troppo spesso e mi toccava sempre ridurre spazi e capoversi nei suoi articoli. Aveva orari improbabili anche per un dj, e mi incazzavo perché era sempre puntuale nelle consegne ma alle 4 di mattina (un record alle 5.20!). Scriveva in chat in piena notte con notizie che trovava solo lui. Mi rendeva felice sapere che era contento quando gli davo carta bianca su certi approfondimenti. Mi faceva molto ridere con i suoi meme e le sue battute che non avevano pietà di nessuno. Era molto popolare sui social, il più popolare di noi della redazione, e tutto solo con la simpatia, niente provocazioni, niente click da aggregatore di frustrazioni.
C’è un episodio che mi porto nel cuore, è una cazzata ma mi dà gioia: un giorno, dopo una riunione di redazione, siamo andati a pranzo tutti insieme. Lui era in macchina con Giulia (la caporedattrice di Dj Mag). Giulia è piccina e minuta e guida una Smart. La vista di Stefano accanto a lei nella Smart mi ha fatto scoppiare a ridere, lui appena sceso dalla macchina mi punta e mi fa: “so già perché stai ridendo”. Era lo spirito di Stefano, carico di ironia e senza spocchia. Sulla pagina di DJ Mag, un ragazzo ha commentato così la notizia della sua scomparsa: “In pochi avrebbero meritato di rivedere quei tre di nuovo insieme (la Swedish House Mafia), che peccato”. Non potrei essere più d’accordo. Che peccato.
Eri un grande, ci mancherai. Ci manchi. Se fossi al posto mio so che mi diresti “a presto, ma non troppo!”
Ciao Ste
17.09.2018