Solardo, Camelphat, Ants, Andrea Oliva, Elrow, Paradise, Marco Carola, a tratti addirittura David Guetta e pure Calvin Harris per un’ora intera al Pacha. Se Ibiza da sempre è la culla delle sperimentazioni sonore e lo specchio della generazione dei clubber, l’estate 2018 ha sancito senza dubbio il definitivo rilancio della tech house. Un suono elettronico dalla struttura generalmente semplice, dove tool, break, build up e drop sono prodotti con lo scopo di creare un saliscendi utile per far impazzire il pubblico in pista. Come e quando lo decide il dj in console, con o senza artifizi. Mi riferisco all’uso massiccio o meno della multi effettistica digitale.
La tech house è un segmento fondamentale della club culture. Il genere – nella sua definizione ampio tanto quando il neologismo EDM, in quanto comprende una vasta scala di sottogeneri – è reduce da un periodo di crisi. Se da una parte aveva subito un’involuzione interna causata dalla mancanza di idee, dall’altra l’esplosione della big room con le sue hit EDM aveva fatto terra bruciata intorno. Fisiologia e momento storico avevano trasformato improvvisamente la tech house in movimento statico dal suono obsoleto e a rischio estinzione. La tech house aveva bisogno di ritrovare se stessa.
Tutto scorre, tutto torna. A cicli di vent’anni dicono. Ed ecco che nell’estate 2018 le cose migliori arrivano proprio dal mondo tech house, oggi un po’ meno terra di mezzo, di nuovo interessante, coesa e in movimento. ‘Cola’ di Camelphat feat. Eledrbrook è stata uno spartiacque fondamentale. Un crossover che ha acceso di nuovo la luce in un corridoio buio, dove sugli scaffali erano esposte vecchie hit, incredibili, sempreverdi, ma pur sempre piene di polvere. ‘Music Sounds Better With You’, ‘Pleasure From The Bass’, ‘Needin’ You’, ‘Groovejet’, ‘Finally’. ‘Love Story’, ‘Flawless’. La collezione di hit senza tempo è lunga ed emozionante per carità. Ma è proprio sul bisogno di aggiornare la sua discografia che la tech house ha basato il suo rilancio. Per anni sono mancate produzioni come quelle copra elencate, vere e proprie canzoni in grado sia di sfondare nei club, sia nelle radio.
É stato Calvin Harris, dj e produttore non propriamente tech house a dettare la linea. Nel 2015 ‘How Deep Is Your Love’ abbassava decisamente i toni. Poi, quest’anno ‘One Kiss’ ha messo di nuovo la chiesa al centro del villaggio. Mi esprimo a livello radiofonico e quindi mainstream. Nel club le cose si stavano già muovendo. Il successo di party come Ants e dei suoi dj, di Elrow e della sua festa; l’impatto della future bass house sui giovani curiosi di scoprire cosa c’è al di là del drop; l’esplosione nel mainstream di artisti come Black Coffee, Jamie Jones, Claptone (che insieme a Solomun hanno vinto residenze a Las Vegas); l’idolo Fisher; Patrick Topping; la consacrazione internazionale di Marco Carola, dei Martinez Brothers, Luciano e Seth Troxler. Sono tutti fattori che hanno favorito un rinascimento tech house.
É indubbio che il declino del “famigerato” suono EDM a favore di sonorità più vicine al mondo tech house abbia contribuito in maniera decisiva quantomeno a livellare le due scene. Oggi David Guetta e Black Coffee producono un disco, Calvin Harris suona la tech house di Andrea Oliva al Pacha, Elrow colleziona due sold out di seguito all’Ushaïa di Ibiz mentre il main stage to Tomorowland ospita Joris Voorn, Solomun, Kölsch e le discoteche di Las Vegas ingaggiano i deejay di genere per ampliare la loro offerta. Siamo di fronte ad una rivalutazione del genere, tanto prevedibile quanto necessaria, in un gioco di corsi e ricorsi che definiscono lo spirito del nostro tempo musicale. Per molti non ne n’è mai andata. In parte è vero. L’enorme riscontro in termini di numeri di artisti come The Martinez Brothers, Seth Troxler, Marco Carola, Luciano è sempre stato costante. Ma siccome ormai sempre di mainstream si parla, tech house is the new EDM.
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02.10.2018
02.10.2018