Epoca strana, questa. Viviamo in un periodo storico in cui ogni cosa viene ingigantita o annichilita dalla presenza ingombrante del web, dell’hype che si crea sui social, e in questo casino molto spesso perdiamo di vista le cose essenziali, importanti. Così, succede che il sensazionalismo coinvolga anche chi fa musica, e soprattutto chi ne fruisce e ne scrive. Esplodono dei fenomeni estemporanei che si nutrono delle reazioni epidermiche forti, fuochi di paglia destinati a bruciare in fretta, e spesso distolgono l’attenzione da chi invece la meriterebbe sempre e comunque. Ed è questo il caso (quello di chi merita) di un personaggio come Shigeto. Zachary Shigeto Saginaw ha pubblicato il quarto album nell’autunno scorso, aggiustando la direzione dopo i lavori precedenti – un tantino più astratti – e segnando coordinate che intersecano sia la musica da club, con house, techno e cassa in quattro, sia le screziature jazzy e black che sono parte integrante di un album eccellente come ‘The Monday Club’. Di fatto, uno dei dischi migliori usciti nel 2017. Dopo un lavoro così, lo aspettavo al varco, non vedevo l’ora di sentirlo dal vivo, e l’occasione si è presentata lo scorso 11 aprile al Circolo Magnolia di Milano, club sempre attentissimo alle proposte di qualità e che merita un applauso per la voglia di scommettere spesso e volentieri su concerti e dj set non proprio dall’incasso garantito. Infatti a vedere Shigeto non eravamo tantissimi, sicuramente meno di quanto meritasse uno show che si è dimostrato superiore alle già alte (parlo per me) aspettative.

Allestimento minimale, strumenti, macchine e batteria con qualche luce e un filo di fumo. Shigeto arriva e inizia a programmare synth, pad, drum machine. E quando i pattern girano, eccolo alla batteria, al centro del palco. Poi anche lì, microfoni ambientali, loop di ciò che suona, e di nuovo eccolo spostarsi sugli strumenti elettronici per complicarsi la vita cambiando metrica e tempo, improvvisando effetti, temi, riff, e trasformando i pezzi dei suoi album in vere e proprie jam session aperte. Il tutto con continuità e con una tale dispersione di energie che ogni suo live deve corrispondere a un paio di lezioni di crossfit (fa tutto da solo). Se l’inizio è pacato, quasi concettuale, sicuramente molto astratto, via via che scorrono i brani tutto si fa concreto, decifrabile, fruibile, ballabile. Sempre più groove. Sempre più ritmo. Sembra il montaggio die film di Inarritu. Dai frammenti si ricostruisce la storia. Dai dettagli si compone il puzzle. Dai puntini si unisce la figura.
Shigeto ci ha deliziati con un show sensazionale, virtuoso ma mai fine a se stesso, di alto profilo ma divertente in ogni passaggio. In un’epoca in cui si grida al miracolo per i dj set preconfezionati o per i live con una voce su basi registrate, quello di Shigeto è un live che ci riconcilia con la musica, nella sua forma più alta. Un artista vero, umile e brillante come un sole quando è sul palco.
13.04.2018