Avete presente i grafici con le ascisse e le ordinate? La linea orizzontale e quella verticale? Ecco, possiamo utilizzarli come parametro per valutare il reale valore degli artisti, che oggi sono sempre più spesso abili mistificatori di se stessi attraverso l’hype costruito sul web (non che sia un demerito, anzi) e poi deludono quando si tratta di dimostrare l’effettiva capacità di stare davanti a un microfono a intrattenere un pubblico. Così gira il mondo. Se il live è la prova del nove per un artista, Tyler, The Creator la supera brillantemente. E ammetto senza problemi che ero scettico. Non prevenuto, perchè Tyler mi piace molto. Ma un po’ dubbioso sì. Ha dato una bella rinfrescata al rap, ha sdoganato una certa hipsteranza bianca e middle class tra il suo pubblico, è stato capace di unire nuovamente (a giudicare dal look di molti ragazzi al concerto) gli amanti del punk e della skate culture californiana alla falange hip hop (quello che accade con il pubblico di Salmo, con cui Tyler condivide indubbiamente una certa weirdness nell’attitudine).

Lo show del ragazzo di LA, il brutto anatroccolo capace di mettere in piedi una crew come Odd Future, il fenomeno intelligentissimo nello sfruttare il web per creare un immaginario contrario a ogni dinamica hip hop vista fino al suo arrivo sulla scena, è stato forte, energico, frizzante. Non ha perso colpi. Una cosa che non amo dei rapper americani è la sensazione che spesso vengano in Italia con lo scazzo di chi deve fare il tour di serie B, in Paesi dove sono poco noti, e dando in pasto a noi poveri provinciali del mondo concertini brevi, poco partecipati, cheap nella produzione e nella messa in scena. Non funziona così con Il Creatore, che sale sul palco carico come una molla insieme a un mc e un dj, pronto a far saltare i 1500 (circa) presenti al Carroponte di Sesto San Giovanni (alle porte di Milano). Nonostante un impianto sicuramente indegno, un volume basso, e un pubblico non proprio numeroso quanto promettevano le aspettative (va detto che Tyler da noi non è popolare come Jay Z o Kanye, che c’era Pharrell a rosicchiare un po’ di pubblico al Forum, e che acquazzone e grandine un paio d’ore prima dello show non hanno giovato), i tre si sono dati parecchio da fare, senza ciccare un beat, senza lesinare un’ottima presenza scenica – Tyler ha sfoggiato un fisicaccio scolpito molto diverso dall’esile figura a cui ci ha abituati – e con una scaletta che ha snocciolato tracce dai diversi lavori del rapper.

Eccellente intrattenitore, ha inscenato diversi sketch con il pubblico, tra battute con velati riferimenti ai fatti di Dallas, luoghi comuni sui bianchi che non sanno tenere il ritmo, e qualche altra uscita divertente. Un’oretta abbondante di concerto, su un palco piuttosto piccolo ed essenziale. Non è facile, per gli artisti abituati alle grandi platee, reagire bene e fare il proprio mestiere con la stessa energia in un contesto così intimo. Soprattutto, con un pubblico che, pur appassionato e senza dubbio partecipe, non ha grandissima dimestichezza con l’inglese sgommato della California del sud. Questo fanno i professionisti: non si tirano indietro, e rendono speciale ogni serata. La musica ha il grande potere di portarci via, di farci volare altrove, di lasciarci sospesi in una bolla per il tempo di un concerto. Una grande magia, e Tyler è un grande mago. Tutti a casa felici. Sperando di essere molti di più la prossima volta. Questo ragazzo se lo merita.
Foto di
Alessandro Redi
Cesare Cardano
13.07.2016