La Germania è uno dei Paesi in cui la moderna musica elettronica è nata: Klaus Schulze, i Kraftwerk, tutto il rock contaminato degli anni ’70 e ’80 e anche il pop caricaturale stile Nena o Spliff (Carbonaaaaraaa!). Un posto, come disse una volta Phra Crookers sintetizzando in maniera geniale, dove “mettono Trentemoeller anche al supermercato”. Ma nonostante la varietà di stili, il numero incredibili di super dj e il livello altissimo espressi dal clubbing teutonico (Sven Vath, il Cocoon, l’Omen, la Love Parade, Paul van Dyk, Ame, Tiefschwarz, potrei continuare per due giorni…), qualche stereotipo si è formato anche qui.
La house è sempre il macrogenere più snobbato nell’immaginario collettivo, quando ci si riferisce a quei territori, dove in un’ideale dance-geografia dominano techno e trance (quest’ultima retaggio degli anni ’90, soprattutto).
Sidney Charles, da Amburgo (la stessa città degli Scooter!), sembra smentire tutto questo. Il suo è uno stile senza compromessi, quella house classica che si rifà agli stilemi jack delle origini, con suoni e groove aggiornati al nostro tempo. Abbiamo colto al volo l’occasione della sua data italiana, questa sera al Bauhaus di Bergamo, per scambiare due chiacchiere con lui.
Il tuo è uno dei nomi più promettenti in quella scena house che possiamo definire “classica”, anche se naturalmente suona molto moderna nel sound. Come ti sei innamorato di questo stile?
Fin da quando iniziai ad appassionarmi alla musica, al djing, a sedici anni, ero incuriosito dai grandi classici dell’hip hop, del funk e della disco. Da lì il passo verso la house fu breve. Credo che molta della musica contemporanea sia troppo orientata a creare hype e questo porta inevitabilmente verso una direzione più commerciale. Naturalmente non è un discorso generale, non vale per tutta la musica, ma in molti casi è così. Perciò trovo che la house, quella più classica e “pura”, mi permetta di esprimere meglio una certa sincerità, e di sicuro descrive meglio il mio modo di approcciare la musica.
Una delle caratteristiche vincenti delle tue produzioni è il groove irresistibile che si crea attraverso il gioco di basso e ritmica, che poi è l'”arma letale” dei grandi pezzi dance. Se un pezzo dance non fa ballare, ha fallito il suo obiettivo. Qual è il segreto dietro le tue tracce? Ci sono dei momenti in cui avverti che succede “qualcosa”, in cui dici “eccolo!”, o si tratta anche di mestiere?
Ci sono dei momenti in cui sento che tutto suona al posto giusto, non è un segreto ma una ricerca. Batteria e basso non si disturbano e lavorano assieme in modo armonico, si tratta di questo. Sono le fondamenta di tutte le mie tracce, senza eccezione. Inoltre, deve arrivare il momento in cui sento che cassa, hats, rullante, basso si sposano bene, sono “pumping, driving and jacking”.
Qual è il tuo stile come dj? Preferisci set lunghi in cui puoi creare un viaggio, o slot brevi dove suonare i tuoi pezzi forti?
Non sono un grande amante dei set brevi, mi sembra che non diano il tempo di esprimere pienamente ciò che ho in testa e di non poter offrire il meglio al mio pubblico. Mi piace suonare come minimo per due ore. Amo iniziare con un intro melodico, o con una parte vocale, che faccia capire alla pista cos’è cambiato in consolle. Inoltre dà il tempo di rendere omaggio a chi ha suonato prima di me. Dopodiché mi piace costruire il set, partendo più lentamente e salendo con l’energia. Non direi che è un viaggio, è più un piccolo racconto che narro con i dischi. Un pensiero che mi piace è questo: il set è il mio modo di descrivere ciò che provo in quel determinato momento, il mio modo di parlare attraverso la danza.

Tu arrivi dalla Germania, luogo dalla lunga e blasonata tradizione in fatto di dance. Ma sembra che a farla da padrone, dalle tue parti, siano sempre state techno e trance, o suoni anche più duri. E’ uno stereotipo o sei d’accordo con me?
Penso che in parte hai ragione, in passato la techno o altri generi come la goa o la psy-trance sono stati molto popolari. Io sono nato nel 1988, perciò ti parlo per le testimonianze di chi c’era e me l’ha raccontato, e da quello che ho letto e guardato in documentari e retrospettive varie. Ma nell’ultimo decennio molto è cambiato, oggi c’è più varietà e scelta. La dance in Germania, oggi, non è solo una questione di 4/4, ci sono diversi sottogeneri e ce n’è per tutti i gusti.
Al di fuori della house, cosa ti piace ascoltare? Ci sono dei generi di musica elettronica (e non solo) che ti affascinano e ti piacerebbe un giorno tentare di affrontare come produttore?
Amo davvero tanto il jazz, mio nonno ne era fanatico, l’ho visto piangere davanti a certi assoli di Bobby Hutcherson. Credo di averne ereditato qualcosa nei miei geni. Mi piace il jazz perchè è imprevedibile, non è legato a schemi e in una live session tutto è possibile, ed è un aspetto che amo, mi affascina da morire.
Per quanto riguarda le produzioni, credo che in futuro mi cimenterò in qualcosa di più duro. C’è molta energia nella mia musica, penso che la techno non sia così distante dal mio stile e potrebbe benissimo essere oggetto di mie future tracce. Ma non voglio darlo per certo, alla fine seguo l’istinto e il flusso delle cose, se succederà sarò felice di assecondare questa scelta. Chissà…
Sidney Charles
BAUHAUS PARTY
c/o Under Music Club, Seriate (BG)
Venerdì 20 febbraio
20.02.2015