• GIOVEDì 08 MAGGIO 2025
Interviste

Silent Bob e Sick Budd: l’inscindibile duo del rap italiano

Una lunga e profonda chiacchierata con Silent Bob e Sick Budd

Foto: Andrew Lo Piccolo

Silent Bob e Sick Budd, rispettivamente rapper e produttore: sinergia, energia ed emotività. Da ormai qualche anno “l’accoppiata SB” si sta ritagliando uno spazio sempre più importante nella scena rap italiana grazie alla credibilità trasmessa con la propria musica che l’ha portata a guadagnare il rispetto dei colleghi e l’ammirazione di un pubblico sempre più vasto. L’aggressività, la sensibilità, la rabbia e la passione emergono in modo travolgente in tutti i testi di Silent Bob e in tutte le produzioni che Sick Budd riesce a cucire alla perfezione per l’amico. In live sono considerati come alcuni dei migliori in circolazione e, che si sia fan o meno, le capacità di coinvolgimento sono notevoli, e arrivare a commuoversi o a pogare è molto più facile di quanto ci si possa aspettare. Da qualche settimana è uscito il loro nuovo album, ‘Angelo Balaclava’, un disco maturo in cui si può notare un ulteriore passo nella crescita di due artisti che si conoscono alla perfezione e prima che colleghi sono amici, tema caro a entrambi. Abbiamo avuto il piacere di fare con loro una lunga, profonda e interessante chiacchierata.

 

 

Vorrei iniziare con una domanda che è esplicativa del motivo per cui ho desiderato fortemente ci foste entrambi. Esisterebbero Silent Bob senza Sick Budd e Sick Budd senza Silent Bob?
Silent Bob: Esisteremmo comunque, ma credo in forma diverse.
Sick Budd: Magari esisteremmo in una dimensione molto più piccola.
Silent Bob: Musicalmente non credo sarebbe nata una cosa del genere. Poi non si sa mai nella vita, magari avremmo trovato una strada diversa, però, questo suono che c’è ora, parlando del presente e di ciò che è tangibile, non penso ci sarebbe stato senza questa unione.
Sick Budd: Siamo stati in grado di andare avanti nel corso degli anni, anche il fatto di stare sempre tra di noi, ti dà quella consapevolezza e quella forza di affrontare insieme anche i momenti più duri facilmente.

L’immaginario di ‘Angelo Balaclava’ è d’impatto, è un immaginario forte che vive di contrasti. Al di là della cover, anche il titolo e il disco in generale trasmettono questo dualismo. Perchè questa scelta e com’è nata questa idea?
Silent Bob: La ricerca del dolce e amaro nelle cose, di tutte queste cose che si vanno a scontrare, a me è sempre piaciuta tanto. Ad esempio la mia parte diciamo “più love” è stata contraddistinta da produzioni quasi cantate, non così crude, mentre poi il testo rispetto al beat era aggressivo. Questo dualismo mi è sempre piaciuto e volevo riportarlo anche a livello visivo. Infatti è presente anche nel titolo, e si crea questa sensazione anche guardando la copertina con il bambino e la statua enorme. La ricerca del contrasto è un po’ anche quello che sono anche io, nella mia musica, nella mia arte, mi rappresenta perchè è un po’ quello che sono. Da un parte mi sono sempre sentito una persona buona, nata da brave persone, ma cresciuta in un contesto che lo ha reso più duro. Lotto da sempre con queste mie due personalità.

Questi contrasti sono riscontrabili in tutto il vostro repertorio e immaginario, è vero. Però ‘Habitat Cielo’ era un disco più melodico. In ‘Angelo Balaclava’ invece penso ci sia un ritorno alla “crudezza” di cui parlavi prima.
Silent Bob: Era un periodo diverso per me quello in cui abbiamo fatto ‘Habitat Cielo’ e, ripensandoci col senno di poi, era comunque l’unico disco che sarei riuscito a fare in quel momento: più introspettivo, più emotivo, più cantato. Avevo bisogno di prendermi un rischio e di mettermi in gioco. E ad oggi, un progetto come ‘Angelo Balaclava’, credo sia anche meno ripetitivo da parte nostra, proprio anche perchè c’è stato Habitat Cielo di mezzo. Spero di riuscire sempre a fare progetti più sperimentali, e poi, quando ne avrò bisogno, tornare su ciò che ci caratterizza di più e che ci è sempre venuto bene. Credo che questo possa essere un un buon balance in una carriera.

 

Nonostante la rabbia e la tristezza mi sembra di sentire in ‘Angelo Balaclava’ una sorta di speranza/accettazione. Nonostante la crudezza dei testi, mi pare di sentire e anche vedere voi più sereni: un’evoluzione “più rilassata”.
Silent Bob: Si spera sempre di essere più rilassati. È una cosa che mi sono un po’ imposto con me stesso. Cercare di vivermi questo disco a livello di uscita, a livello di comunicazione, tutto in maniera più serena. Ho sempre vissuto tutte queste cose con l’ansia. Forse la cosa che è cambiata tanto in questi due anni, riguarda il giudizio degli altri. Riuscire a fregarmene un po’ di più, chiaramente mi fa risultare più sereno e più tranquillo agli occhi di tutti. Questo è stato un grosso passo personale in avanti, proprio perchè ho accettato che tanto qualsiasi cosa si faccia, c’è sempre qualcuno che vorrà criticare. Sono più in pace con questa cosa.

All’evento che avete fatto ad Arca, prima della pubblicazione del disco, le tue ultime parole sono state: “Non abbiate paura di essere tristi, e fate della tristezza un punto di forza”. Ci spiegate questo concetto nel modo più spontaneo possibile?
Silent Bob: Noto che c’è sempre questa “paura di avere paura”, questa paura di annoiarsi, paura di essere tristi. Gli psicologi stanno facendo un sacco di soldi su situazioni che magari, se vissute appieno in maniera reale, potrebbero aiutare. Certo se si parla di malattie mentali reali come la depressione o il bipolarismo, allora è un altro discorso, ma non mi sto riferendo a quelle. Si è sempre tartassati dal dover raggiungere ottimi livelli, dal dover essere perfetti fisicamente, dal farsi vedere sempre sereni e felici, e questo porta della tristezza. Se però c’è già della tristezza insita, viversela annoiandosi, subendola e stando male… è ciò che a me ha fatto fare il passo in avanti di cui ti parlavo prima. Mi ricordo quando sono stato male, ma l’ho vissuta appieno e adesso so che deve succedere qualcosa di molto più grave perchè io torni in quelle condizioni. Se invece non la vivi appieno te la trascini dietro per sempre. Cerchi di risolverla andando a parlare con qualcuno, ma poi ti ributti sulle solite abitudini. Questa mia vita di alti e bassi mi ha aiutato perchè avere dei down molto forti, viverseli e lasciarli scorrere, ti aiuta poi, una volta che finiscono, a metabolizzarli meglio e ad essere pronto quando ricapitano.
Sick Budd: Sono delle occasioni se sai catalizzarli verso qualcosa di positivo. Sono dei momenti di crescita e dei momenti che comunque hai vissuto, e in cui hai vissuto delle emozioni. Questa cosa può essere trasformata in qualcosa di utile.

Foto: Andrew Lo Piccolo

Parliamo del viaggio negli USA. Siete partiti per trovare una quadra. L’idea del mix e master a Los Angeles, ha lasciato spazio a un cambio meta e ad obiettivi diversi. Vi ha aperto mentalmente a tante nuove idee e progetti?
Sick Budd: Siamo partiti con quell’idea, ma visto che mancava ancora molto alla conclusione dell’album e visto il momento di crisi creativa che stavamo affrontando, abbiamo preferito sfruttare l’opportunità di questo viaggio per rimpolpare il bagaglio delle ispirazioni. E incosapevolmente così è successo. Quando siamo tornati abbiamo capito il peso culturale che questo viaggio aveva avuto per noi, e siamo riusciti a catalizzarlo sulla musica, riuscendo a sbloccarci. Siamo stati due anni alle prese con questo disco e non è per niente facile. C’è bisogno di crearsi degli stimoli diversi, che poi per ognuno potrebbero essere qualcosa di differente, come per esempio anche solo cambiare delle abitudini. Per noi invece lo è stato questo viaggio alla Mecca dell’hip hop. Avevamo un po’ di pezzi pronti, ma è questo viaggio che ha dato l’ultimo slancio per finire.

 

In ‘Angelo Balaclava’ il brano che ho preferito, sicuramente per il tema affrontato, è ‘Siamesi’. Siete riusciti a esprimere e a raccontare un sentimento importante come l’amicizia. Che cos’è per voi l’amicizia?
È difficile da spiegare, ho già detto tanto nel pezzo che riguarda una persona in particolare. Ho sempre trovato nell’amicizia una seconda famiglia. Forse anche una “prima”, più della mia famiglia stessa. Non mi vergogno a dirlo: ci sono stati momenti in cui passavo completamente le mie giornate solo con i miei amici, solo con l’amico di cui parlo nel brano. Abbiamo anche vissuto insieme quando io ero molto giovane, per cui mi ha impostato un po’ anche come persona, è stato come avere un fratello grande. Crescendo in un paesino di 3mila persone, gli amici erano quelli, non è che potevo scegliere una compagnia in base alle passioni. Però questa situazione mi ha messo davanti al confronto con le persone diverse da me. E ora riesco a rapportarmi e a capire le persone senza giudicare: perchè solo l’estrazione sociale ci ha unito e mi sono ritrovato nella situazione di dire “ok io e te siamo nella stessa condizione, siamo negli stessi panni, ci capiamo anche solo da un punto di vista emotivo e personale”. E a quel punto entrano in gioco emozioni forti, reali come l’amore. Io molto spesso ho provato, e provo tutt’ora amore nei confronti dei miei amici. È un legame molto importante: tanti adulti quando ero ragazzino sostenevano ci saremmo persi con gli anni ai primi cambiamenti, invece non è per niente vero e io sprono sempre a mantenere le amicizie, quelle più infantili intatte, bisogna coltivarle e costruirle. C’è una frase che avevo letto e che mi è rimasta impressa “le amicizie che avevi da ragazzino sono quelle che ti porti dietro sempre in maniera più pura, perchè ti hanno conosciuto quando ancora saresti potuto esser tutto e non eri ancora niente”. L’amicizia è tutto questo: tanto amore, tanta condivisione. I miei amici sono una parte fondamentale della mia vita. Anche il legame artistico che continua da tanti anni con Budd è sorretto dal valore di amicizia che ci unisce e che ci lega.

 

Parlando di live, siete ciò che più puro si può considerare nell’hip-hop: dj e cantante. E già solo voi due riuscite a portare uno show esplosivo, qualsiasi sia il contesto in cui vi esibite. Qual è il vostro rapporto con il palco? Per quanto riguarda il tour siete gasati?
Silent Bob: Sono convinto che una volta sul palco, io e Budd entriamo molto nel pezzo che stiamo suonando. A me spesso sembra quasi di farlo la prima volta, quindi le emozioni sono molto forti e il tempo si dilata in maniera strana. Tutto ciò si riflette nel rapporto col pubblico. Sono gasato quando bisogna gasarsi, più introspettivo quando racconto storie diverse. Ho comunque fatto tanta gavetta negli anni. Quando scrivo mi immagino sempre un po’ la situazione dal vivo. In generale alcune cose che già sentendole in cuffia ti emozionano perchè sono vere, gridandole in un microfono su un palco con davanti migliaia di persone che ti seguono danno un impatto diverso, ma bellissimo.. Questo tour è il migliore che abbiamo fatto finora anche perchè questo disco ci permette di portare in scena momenti diversi. Ci saranno sì i momenti introspettivi, ma anche quelli “banger”, cosa che forse un po’ è mancata nello scorso. Andare sold out al Fabrique praticamente subito, e aprire poi la data al Carroponte, avendo sempre lavorato da soli, da indipendenti è una vittoria.
Sick Budd: Ormai è anche una sfida con se stessi. Ci sarà sempre chi vende di più, chi ha più ascolti ecc. Però si fa una sfida con se stessi ad ogni disco cercando di fare quel qualcosa in più ogni volta. Dal punto di vista live mi sento sereno perchè a me la formazione dj e mc è quella che soddisfa di più. Non aggiunge nulla la band in un pezzo rap. Ovvio che se il pezzo era stato originariamente pensato come un tipo diverso di composizione allora è un altro discorso.
Silent Bob: Se io vado a un concerto rap voglio sentirmi quei determinati beat. A me tutte le soluzioni chitarra/band non piacciono. Certe cose nel nostro genere ti rimangono ben incollate, tanta gente si riascolta i brani all’infinito e, dal vivo, vuole quella roba, e infatti la risposta è sempre super. Secondo me perderebbero tanto i nostri pezzi senza questa soluzione.

Foto: Onofrio Petronella

Anche in questo album i featuring sono pochi, ma è un discorso legato alla vostra intera discografia. Il disco a mio parere è qualcosa di personale, è questo il motivo della vostra scelta? Come decidete con chi collaborare?
Sick Budd: Abbiamo lanciato una moda eh (ride).
Silent Bob: Nasce il pezzo e semplicemente a volte mi sento che potrebbe essere un feat, o una cosa con lui sarebbe figo. Se ascolto tanto un artista magari inconsciamente mi viene da scrivere pezzi che potrebbero vedere quelle collaborazioni. Se entri nel mio disco è perché mi hai stimolato anche artisticamente e quindi  immagino già un mix delle due cose. Dipende ovviamente anche dalla disponibilità anche se, detto onestamente, anche se avessi a disposizione chiunque metterei pochi nomi di chi stimo davvero.

 

Un’ultima domanda per chiudere il cerchio dei sentimenti contenuti nella vostra musica. Come state? Oggi siete felici?
Silent Bob: Felice purtroppo è una parola difficile da considerare nella mia vita e credo anche in quella di Budd. C’è serenità. La felicità è momentanea e fugace. La sensazione che ti fa sentire che cammini a un metro da terra dura 3 secondi secondo me. È rara, a me succede solo quando esco dallo studio e sento la traccia che volevo esattamente nel modo che avevo pensato, quando finisco i live e scendo dal palco e basta credo.
Sick Budd: Anche quando vince l’Inter (ride).
Silent Bob: Comunque quella è la felicità, mentre se parliamo di serenità io ti dico non è stata raggiunta. Io sono una persona ambiziosa a cui piacciono le belle cose e la bella vita e voglio fare sempre di più. Ogni volta c’è uno step in più, ma ogni volta devo superarmi e quindi appena finito un capitolo io devo nuovamente superarmi e quindi mi ritrovo di nuovo in lotta con me stesso e con il mondo: è un po’ una maledizione, ma me l’accollo volentieri perchè è quella che poi mi fa vivere i picchi di felicità.
Sick Budd: Io passo la vita a torturarmi sul suono che voglio ottenere, sulla base che non è venuta come volevo, passo tanto tempo a torturarmi su queste cose. Pero c’è il bello dopo. Cioè per esempio mi domando “quel disco avremmo potuto farlo meglio? sì” e va bene, perchè così possiamo procedere nel nostro percorso e posso svegliarmi per lottare con la voglia di fare qualcosa e torniamo al discorso di prima: torturandoci ecc è comunque uno stimolo alla vita e a lavorare su qualcosa. La felicità è il live, quando finisci, quando chiudi le canzoni.

 

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