• SABATO 23 SETTEMBRE 2023
Costume e Società

Storia dello smiley nella cultura rave e acid house

Oggi per molti una emoji, l'icona è tornata decontestualizzata e popolare grazie a molti dj e a pr inglesi. Diffonde più messaggi di speranza e ottimismo rispetto al passato

La cultura rave e acid house degli anni ’80 e ’90 ha visto l’emergere di un’icona simbolica che è diventata il segno distintivo di gioia, connettività e felicità: lo smiley. Questa faccina gialla dal sorriso stilizzato e accattivante ha giocato un ruolo fondamentale nel contesto di molte sottoculture, incarnando l’essenza stessa della mentalità rave e diffondendo un messaggio di positività e unità tra i partecipanti. L’uso dello smiley nella cultura rave e acid house risale agli anni ’80 quando le prime feste all’aperto e nei magazzini abbandonati cominciarono a diffondersi in tutto il mondo.

Questo semplice disegno divenne il simbolo dell’atmosfera festosa e inclusiva di queste celebrazioni. La sua presenza su flyer, poster e comunicazioni di feste illegali diffuse un’energia positiva. Durante gli anni ’90 l’MDMA, ossia l’ecstasy, divenne parte integrante della cultura rave e il simbolo dello smiley è stato in qualche modo associato alla sostanza psicoattiva e spesso utilizzato come marchio di riconoscimento tra coloro che ne facevano uso.

La firma di Bernard Hennet, abate del chiostro cistercense di Žďár nad Sázavou, nel 1741, con disegno a forma di faccina, una immagine tratta da Wikipedia

Lo smiley assunse un significato profondo e universale col tempo rappresentando l’importanza della positività, dell’amore e dell’apertura mentale al nuovo. Mentre le luci al neon e le sfere da discoteca brillavano, il sorriso e gli occhietti neri su fondo tondo giallo trasmettevano un messaggio di armonia e unità tra i clubber, simboleggiando l’idea che nonostante le differenze individuali, tutti presenti nell’evento fossero parte di un’unica grande famiglia. Intanto l’icona, che oggi rientra nella categoria delle emoji, è stata adottata in numerosi contesti, dalla moda alla grafica passando dai social media, evocando sentimenti di spensieratezza e positività.

Lo smiley su un Technichs SL-1200

La storia parte dagli anni ’70, quando la faccina sorridente iniziava a infiltrarsi nella cultura popolare e quando negli USA due fratelli di Filadelfia, Bernard e Murray Spain, iniziarono a vendere prodotti come tazze da caffè, vassoi per il tè, cartoleria e similari decorati con faccine sorridenti e lo slogan ‘Have a good day’ nei loro negozi. Alla fine del 1971, i due avevano venduto oltre 50 milioni di spille. Nel 1972 lo smiley apparve sulla copertina della rivista satirica Mad e nel 1986 diventò icona di The Watchmen, fumetto della DC Comics scritto da Alan Moore e concepito da Dave Gibbons che hanno preso il genere dei supereroi e gli ha dato un giro oscuro.

 

Un flyer dello Shoom con lo smiley, in una immagine tratta da 909originals.com

È il 1987, in pieno periodo acid house, che la faccina diventa uno dei simboli più familiari della scena rave, grazie anche al contributo di un dj come Danny Rampling, che, nel mese di settembre, a Ibiza per celebrare il compleanno del collega Paul Oakenfold, all’Amnesia, diventa promotore involontario di una mania. Tornando a Londra, infatti, Rampling decide di ricreare l’atmosfera della sua one night ibizenca. Così, allo Shoom, miscelando vibrazioni baleariche a nuovi brani house importati dagli USA, il dj prende in prestito il simbolo sorridente da un frequentatore assiduo del Wag Club, un designer che indossava abiti stranamente decorati con degli smiley.

Nel Regno Unito, la faccia felice è stata associata più volte alla cultura psichedelica sin dai tempi di Ubi Dwyer e del Windsor Free Festival negli anni ’70, passando dalla cultura della musica dance elettronica, dalla Second Summer of Love alla fine degli anni ’80 e dal singolo di Bomb the Bass che ha schiaffato uno smiley nel bel mezzo della copertina del suo singolo di maggior successo, il patchwork ‘Beat Dis’. In quegli anni, in Italia Smile era un programma con Gerry Scotti nel pomeriggio per ragazzi delle reti Fininvest.

La copertina del singolo ‘Beat Dis’ di Bomb The Bass

Mentre la rave culture era al massimo della sua popolarità nel Regno Unito e non solo, nel 1991, la faccina sorridente domina flyer e giornali. Negli Stati Uniti, l’anno seguente, i Nirvana reinterpretano e depositarono la loro versione dello smiley, che tuttavia non apparirà mai su alcuna copertina di singoli o album. C’è un accenno di uno smiley nel film ‘Forrest Gump’ con Tom Hanks e vincitore dell’Oscar del 1994. Nel 1999, lo smiley rientra tra gli emoji del designer Shigetaka Kurita nella implementazione della comunicazione attraverso i telefoni cellulari in Giappone.

Bisogna attendere il 2015 quando Norman Cook, noto ai più come Fatboy Slim, uno dei più grandi collezionisti di gadget con smiley in circolazione, riporta nel mondo del clubbing l’icona quasi rispolverando la cultura della acid house dopo quasi trent’anni. Il dj e produttore di fama stellare si presenta con un tatuaggio evidente ricordando di essere un feticista vero dell’icona, tanto da lanciare lo Smile High Club, una serie di spettacoli nati per ricreare nei club l’enfasi della musica dance.

L’anno scorso ci si è messo anche David Guetta, che ha collaborato con Felix Da Housecat e Miss Kittin alla rivisitazione di ‘Silver Screen’, hit del 2001. La versione del dj francese ha voluto celebrare la positività e la felicità assolute. Il video musicale della traccia presenta un cameo dell’artista di strada André Saraiva e ritrae diversi gruppi che riprendono il messaggio ‘Take The Time To Smile’ in una clip costellata da smiley, pronti a colorare palazzi, cartelloni e manifesti. E oggi? Oggi lo smiley è un marchio registrato (nel 1971 da Franklin Loufrani, proprietario di Smileyworld Ltd) e utilizzato in più di 100 paesi del mondo per ben 25 tipi differenti di prodotti e servizi.

 

 

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Riccardo Sada
Distratto o forse ammaliato dalla sua primogenita, attratto da tutto ciò che è trance e nu disco, electro e progressive house, lo trovate spesso in qualche studio di registrazione, a volte in qualche rave, raramente nei localoni o a qualche party sulle spiagge di Tel Aviv.

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