Mladen Solomun ha pubblicato un comunicato ufficiale sui suoi canali social, in cui si scusa pubblicamente per aver suonato una traccia contenente un sample con il richiamo alla preghiera islamica sabato al Kappa Futur Festival di Torino. Lo ha fatto firmandosi proprio Mladen Solomun, nome e cognome, a rimarcare le sentite scuse personali. Ha fatto bene a scusarsi? Non era necessario? Discussione difficile. Da un punto di vista strettamente strategico ha fatto sicuramente la mossa giusta, levandosi d’impiccio e dimostrando rispetto per chi può sentirsi offeso dal gesto. Scherza coi fanti ma lascia stare i santi. I proverbi hanno sempre ragione. D’altro canto, l’auto-censura è peggio della censura altrui, e di questi tempi ogni precedente crea un caso per chi trova una buona scusa per sentirsi offeso sempre e comunque, da qualsiasi provenienza sociale, culturale, religiosa. Dax J aveva suonato un pezzo contenente un campione analogo, tempo fa in Tunisia, e i casini non erano stati roba da poco: il club venne chiuso, il dj condannato a un anno di carcere (ma è britannico e vive in UK, dunque al massimo si sarà precluso qualche serata e le vacanze in Tunisia). Evidentemente, Solomun ha preferito evitare processi mediatici sommari. È comprensibile.
Ma la questione resta: poche settimane fa i MARNIK e Steve Aoki sono stati sotto attacco per una loro versione di ‘Bella Ciao’, “intoccabile” perché parte della cultura italiana e simbolo della Resistenza. In molti si sono levati a loro difesa. Negli anni ’90 i pezzi dance che campionavano canti sacri, dai gregoriani al Padre Nostro, si sprecavano. Eppure nessuno ha sollevato polveroni simili né alcuno ha mai dovuto scusarsi pubblicamente e preventivamente. Allargando il campo, il Papa “bombardato” di Maurizio Cattelan, a parte scatenare il prevedibile scalpore dei benpensanti, non è mai stato ritirato né oggetto di scuse; la croce che Madonna portò provocatoriamente sul palco del Confessions Tour scatenò polemiche e biasimo generali da parte di molti leader religiosi, ma alla fine la star non fece mai retromarcia alla sua scelta, anzi la difese pubblicamente.
Il punto centrale della discussione è: la libera espressione artistica va sempre e comunque difesa? Ci sono dei limiti da rispettare? Discorso che sfocia nel filosofico e che va avanti da quando è nato l’uovo. O la gallina. Il rispetto del prossimo e dei suoi valori è alla base del vivere civile. Ma d’altro canto, lasciare il passo a chi trova un modo per gridare allo scandalo crea la pericolosa cultura del bavaglio artistico e culturale, e l’arte dev’essere controversa anche per farci riflettere. Senza contare gli eventuali fattori geografici e i conseguenti usi e costumi religiosi e culturali (chiedete a Dax J…). Forse la decisione più saggia l’ha presa proprio Solomun (nomen omen): se in cuor suo ha sentito di aver offeso qualcuno, ha messo le mani avanti. Anche questa è una scelta artistica provocatoria, a suo modo: in un’epoca in cui tutti pretendono scuse ma nessuno ha l’umiltà di farlo per primo, il suo è un passo di grande dignità.
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11.07.2018
11.07.2018