• SABATO 01 APRILE 2023
Festival

Sónar 2019, l’importanza di esserci

Un'edizione sorprendente che conferma il valore immenso del festival catalano nonostante il cambio di data, la line up più discussa degli ultimi anni e un'assenza eccellente

Di Ale Lippi, Matteo Roma e Federico Piccinini 
Foto di Ariel Martini

L’I.T.M.A. è un’esposizione internazionale dedicata alle macchine tessili. Centrifughe, filatura, tessitura, montaggio, lavatrici, candeggio, tintura ed essiccazione, esami di laboratorio, trasporto, riciclaggio di apparecchiature, software di progettazione, controllo dati tra i più sofisticati e pregiati del mondo. Un’esposizione così importante e influente (dal 20 al 26 giugno ha portato in città 300 milioni di indotto) da costringere un’istituzione come il Sónar Festival a posticipare di un mese la sua ventiseiesima edizione. Nessun problema. Il capoluogo della Catalogna ha un ottimo rapporto con le istituzioni locali e nazionali (ne parlano giornali e telegiornali con collegamenti in diretta…). Il primo weekend buono è quello del 19 luglio. Poco importa se 1200 chilometri di distanza più a Nord, contemporaneamente, Tomorrowland esplode i suoi fuochi d’artificio. Sono due religioni diverse che non si danno fastidio.

Se in Belgio è il colorato parco di Boom a rendere grazia, a Barcellona il Sónar si sviluppa nei due polmoni fieristici tra i più importanti d’Europa. Ogni anno la Fìra organizza e ospita eventi e congressi di caratura internazionale. Tra questi c’è anche la musica, la creatività e la tecnologia del Sónar che dal 1994 coinvolge dj, produttori e addetti ai lavori per creare un evento unico nel suo genere, mai banale, credibile e autorevole. I 400mila metri quadri di superficie espositiva, si suddividono tra il polo storico del Montjuïc e quello più recente e moderno della Gran Via a L’Hospitalet de Llobregat. Mentre il primo (dalle 13 alle 23) ospita l’eleganza e la ricerca musicale del Sónar De Dia, che non riguarda soltanto la musica ma anche tutte le nuove tecnologie ad essa dedicate, la Gran Via è l’arena dove esplode il festival notturno, un rave contemporaneo, lontano dallo stigma convenzionale e che da qualche anno ha aperto le porte anche a generi musicali poco esplorati. Il live di Bad Bunny di sabato sera è l’emblema di questo profondo e inevitabile cambiamento gestito comunque in maniera impeccabile dalla direzione artistica come vedremo nelle considerazioni musicali sviluppate in questo articolo. Nei 3 giorni di festival Sonar ha ospitato 140 performance, 46 mila persone al Sónar de Dia e 60 mila al Sónar de Noche. 52% spagnoli e 48% stranieri.


Foto: Facebook Sònar

Giovedì 19 luglio il Sónar apre le porte del suo primo giorno con l’irlandese Rejjie Snow sul main stage. La risposta del pubblico è subito ottima. A seguire Leon Vynehall, inizialmente troppo duro, ma poi davvero godibile. Da ‘Magic Water’ di Rick Wilhite, alle incursioni leftfield di Objekt, le chicche di questo dj set sono state molte, anche se leggermente fuori fuoco. Ross From Friends raccoglie il testimone per un live senza infamia né lode che ci conduce al closing di Daphni, che propone due ore contraddistinte dal bagaglio culturale innegabile del producer canadese, penalizzate da un po’ di confusione nel voler strafare con un set up che poco si presta a certi virtuosismi. Negli altri stage si segnala il potentissimo live di Sevdaliza, fortemente evocativo e tecnicamente di alto livello, Arca, capace di far chiudere il Sonar Hall per limiti di capienza e l’energia di Dj Lag, in un dj set forse scontato ma molto efficace.

La seconda giornata, con l’apertura del Sónar de Noche, aumenta il suo peso specifico. Holly Herndon è il primo live della nostra giornata che impressiona per la qualità, ma sul versante della mera ricerca e sperimentazione offre una scarsa spinta innovatrice. Quella di Masego nel Sónar Village invece è un’ottima performance ricca di carisma e perfettamente seguita dal pubblico entusiasta. Dj Krush è un piccolo bignami di beatmaking tra trip hop, breakbit, wonky e una tecnica come sempre indiscutibile. Maya Jane Coles presenta Nocturnal Sunshine, progetto che mostra la volontà di rinnovarsi e aprire un discorso più ampio che ruota attorno al dubstep ed in generale alla rottura degli schemi in quattro quarti che l’hanno resa celebre. Menzione d’onore per il francese Sebastian, ex pilastro della crew Ed Banger, che raccoglie nostalgici e non solo con un set tributo alla Francia e derivati del periodo nu rave. Ci trasferiamo a l’Hospitalet per sessione notturna. La tanto chiacchierata assenza di A$ap Rocky, per i motivi che conosciamo (è in carcere in Svezia), non viene sopperita numericamente da Stormzy. Nel Sónar Club il rapper britannico ce la mette davvero tutta in un live che ne esalta la prestanza e la determinazione. Dj Seinfeld non fa sconti aprendo la strada al live degli Underworld e, nonostante qualche scelta un po’ cheesy, riesce perfettamente a connettersi con il dancefloor.


Foto: Sergio Albert

Gli Underworld regalano un highlight di tutto rispetto con un live che infiamma il pubblico e che solo in parte sa di nostalgia. La loro voglia di dimostrare di non essere lì a fare la passerella si percepisce e i fan ringraziano con grande entusiasmo ed energia. A seguire i Disclosure che mettono d’accordo un po’ tutti con buona pace dei puristi pur non compiendo virtuosismi o scelte azzardate. Nel Sónar Pub Daniel Avery si conferma abilissimo viaggiatore aprendo le porte della percezione a Four Tet che decide di esibirsi al buio più totale con la sola maglia arancione illuminata e la luna piena che splende alta sopra lo stage. Sembra un’istallazione evocativa del 50° anniversario che la riguarda invece è solo la magia del Sónar. A seguire l’apertura dell’atteso set di Dj Koze – che nella prima mezz’ora suona la mega club hit ‘Only Human’ di Four Tet, che lo ha appena preceduto – ci lascia un po’ perplessi. Ci spostiamo verso il Lab dove Peggy Gou e Palms Trax inchiodano la folla sotto di loro. Così come Joseph Capriati nel Club non lascia spazio a nessun tipo di interpretazione.

È già sabato. Per noi, l’ultimo giorno di Sónar si apre con il live di Actress. Cunningham è indubbiamente un talento cristallino capace di creare un suo sound e una sua estetica, ma questa volta non siamo convinti abbia centrato il bersaglio. Meno orpelli e più contenuti, filosofia che ben riassume diversi live di questa edizione del Sónar. Discorso opposto per Theo Parrish che come sempre vanta una delle migliori borse dei dischi in circolazione ma che a livello di audio soffre sempre enormemente per colpa, vedasi Daphni, del mixer DJR 400. Una pacca sulla spalla ai fonici del suo stage quasi con le mani tra i capelli prima di dirigerci un’altra e ultima volta al Sónar de Noche. Tanta carne al fuoco e alcune gustose anteprime tra cui molto materiale inedito di Kaytranada, autore nel Pub di un set solido, elegante, non eccessivamente autocelebrativo e manifesto di quella che il producer canadese definisce Neo Soul. Nel frattempo, nel Club Skepta ci cala nei meandri della grime con un live potentissimo.

Siamo nel cuore dell’evento. Paul Kalkbrenner è l’act numericamente più importante convogliando a sé una folla oceanica. Amelie Lens, dopo le melodie di Kalkbrenner, irrompe in console con un dj set che è un bombardamento a tappeto, un elettroshock, una tempesta perfetta. La scena femminile continua ad essere florida come non mai grazie ad un’ottima prova di un’altra dj che sta facendo parlare di sè, la britannica HAAi. All’esterno, l’infortunato DJ Tennis (spalla fasciata a causa di una recente operazione) scalda, stoico e preparatissimo come sempre, il terreno a Dixon. Potremmo parlarvi separatamente del suo dj set e del b2b tra Louie Vega e Honey Dijon, ma questi due closing sono accomunati dalla consapevolezza di aver raggiunto il climax, il culmine. E per quanto siano due viaggi tra loro molto diversi non fanno altro che confermare le abilità e lo status dei nomi coinvolti.


Foto: Bar Liam

I più importanti festival di musica elettronica si distinguono per una semplice condizione mentale in cui pongono i propri partecipanti. Non è solo la gioia dello stacco della cassa di Paul Kalkbrenner sulla voce di Stromae, né l’energia del momento in cui entra la percussione di KH in ‘Only Human’, o ancora quella dell’ingresso della voce di ‘You Need The Drugs’ di Westbam e Richard Butler su una folla di fedeli alla corte di Dixon alle 6:45. Non sono i bambini con il frullato alla fragola nel pubblico di Bad Gyal e Dellafuente, l’hipster trentaduenne vestito in maglia tie dye e dalle orecchie severe quanto concentrate al SonarPub, o un ragazzo che si sistema l’ombretto, la parrucca rosa e la tutina verde in un bagno del Sónar de Noche. Non sono le autoscontro al centro della sala, la realtà virtuale del Sonar360 o Robert Del Naja che parla al microfono di tecnologia. È tutto questo insieme. L’esserci. La presa di coscienza del fatto che un’istituzione della musica internazionale riesca a rinnovarsi nella sua eccellenza ogni anno da ventisei anni, riuscendo a racchiudere nello stesso posto il passato, il presente e il futuro come connubio omogeneo e mai accozzato. La stessa consapevolezza che un punto di riferimento si possa spostare di un mese tenendo perfettamente il contraccolpo. A tal proposito, si è registrato qualche migliaio di partecipanti in meno, forse a causa del sovrapporsi con il Tomorrowland, che come già detto è un pianeta diverso ma è anche un pianeta speciale, che dimostra di avere un certo peso anche oltre le fila degli appassionati del dance pop. Senza tante sorprese. Sónar è la presa di coscienza che una città possa elevare un evento di musica elettronica a patrimonio culturale da tutelare e promuovere in ogni forma come punto di riferimento artistico e innovativo. Per strada, in televisione, all’aeroporto, tra la gente. Anche Barcellona è il Sónar, e il Sónar è Barcellona. Ma anche tutto il resto del mondo. 

 

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