La nostra rubrica “The future sounds of Italy” non si occupa solo di giovani produttori che stanno per prendere il volo, è questo ne è il caso. Simon de Jano e Madwill sono due nomi che calcano le console e le classifiche italiane ed internazionali già da molto tempo. Nel loro curriculum etichette come Ultra Records, Size, Protocol e molte altre.
Quando si sono uniti sotto il progetto SDJM hanno rilasciato ‘The Heat‘, remake di ‘I Wanna Dance With Somebody’ di Whitney Houston e hanno firmato un contratto con Warner Music, entrando così in una major. Ora hanno rilasciato il loro secondo inedito ‘That Way’, anche questo remake di una vecchia super-hit, ‘I Want in That Way’ dei Backstreet Boys. Entrambi hanno riscosso e stanno riscuotendo molto successo a livello globale.
Due remake di fila? Scelta azzardata. Come mai hanno scelto questa strada? Lo abbiamo chiesto direttamente a loro negli uffici di Warner a Milano, durante un’intensa giornata di promozione tra giornali e radio.
Ciao ragazzi, benvenuti a ‘The future sounds of Italy’! La prima domanda è abbastanza scontata. Due inediti, due remake di hit del passato. Perché? C’è un piano preciso o è nato tutto per caso?
È capitato. Non era previsto, non ci avevamo neanche pensato. Lo abbiamo proposto a Warner e Big Beat ed è piaciuto, non è stato premeditato. Volevamo intendere il secondo disco come un follow up di ‘The Heat’, e quindi ad un remake è seguito un altro remake. Ma come abbiamo lavorato a questo pezzo abbiamo lavorato anche a tanti altri, poi è stato scelto questo.
Quindi avete altri progetti che sono già in stato avanzato?
Sì, abbiamo un po’ di pezzo in fase avanzata di realizzazione, ma ovviamente lavorando con una major i tempi si dilatano abbastanza. Si vedrà anche come andrà ‘That Way’, dove andrà meglio e dove andrà peggio, prima di scegliere come proseguire. È tutto ancora in divenire.
Come vi siete incontrati con Conor Maynard? So di una vecchia passione di Madwill a riguardo
Madwill: È una storia abbastanza divertente. Essendo io un suo fan dai tempi nei quali faceva cover su YouTube, l’ho richiesto così, senza grosse pretese, a Big Beat. Ho semplicemente comunicato che mi sarebbe piaciuto avere un suo provino per la traccia in divenire. L’etichetta, lavorando con lui, ci ha fatto avere anche la sua versione ed è stato amore a primo ascolto. Simon questa cosa l’ha scoperta quando ormai disco praticamente uscito. (Ridono)
Ci ho provato ed è andata bene, per fortuna!
Simon: Sì, esatto. Ieri durante un’intervista ho dichiarato “Quando abbiamo il file con i provini c’era inaspettatamente anche quello di Conor Maynard” e Madwill per la prima volta mi dice “In realtà lo avrei chiesto io”
E quindi è anche merito della major. Com’è lavorare con un’etichetta così importante e non più con le indipendenti?
Il potere che hanno le major è grande, ti da una credibilità molto importante. La cosa che conta di più è però quella di lavorare in team. Sin dai tempi di ‘Temptation’ abbiamo capito che era meglio lavorare insieme che da soli, poi da lì siamo diventati tre perché anche Luca (Luke Degree) è entrato a far parte del progetto. Tutto questo senza avere un manager. Quando ci ha contattato Big Beat abbiamo capito che da soli non ce l’avremmo fatta a gestire tutto da soli, ci siamo resi conto di aver bisogno di qualcuno che si interfacciasse con loro in Inghilterra e negli Stati Uniti, e così abbiamo firmato col nostro attuale manager, che svolge compiti e ci porta benefici dei quali noi francamente neanche conoscevamo l’esistenza.
L’appoggio della major è importante ma lo è solo se crede davvero in te. Noi vediamo tanti ragazzi che spesso dicono “Usciamo su questa major, usciamo su quella major” ma alla fine finiscono a fare solamente catalogo. Devono credere in te e nel tuo progetto. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare sia in Italia, nelle figure di Sara Andreani e Gianluigi De Rosa, sia all’estero persone che hanno creduto appieno: nel nostro progetto e questo è stato fondamentale.
‘The Heat’ vi ha portato a fare un tour mondiale, il primo così grosso insieme. Cosa vi è rimasto?
Ovviamente ogni posto ha i suoi pregi, ma ciò che ci è rimasto sono le persone. In particolare le differenze che le persone hanno nell’approcciarsi al lavoro e nel vivere la musica. Ci ha aperto le mente anche nel nostro modo di lavorare. Il paese che più ha lasciato il segno, comunque, è stato il Giappone. Ci ha stupito per l’educazione e il rispetto che, oltre verso le persone nella vita di tutti i giorni, hanno in particolare verso la musica. Seguono ogni singolo dettaglio di tutti gli artisti. Vivono la musica come qualcosa di veramente importante, non è tutto solo una semplice canzone.
Avete remixato ‘Tutto per una ragione’ di Annalisa e Benji&Fede, tu Simon arrivi anche da un background pop molto forte. Che apporto i produttori dance possono dare alla scena musicale mainstream italiana?
Simon: io credo che possano contribuire veramente tantissimo. Il problema grosso è che in Italia i produttori dance sono troppo avanti rispetto alle richieste del mercato pop del paese. A volte ci sono A&R che riconoscono questo fatto e ci provano, perché il problema vero poi è la valutazione della gente, e se la gente rimane indietro di due anni puoi essere all’avanguardia quanto vuoi, con tutti i suoni nuovi, però non vai bene attualmente per l’Italia.
Cosa ne sarà del vostro passato da club? Ci possiamo aspettare qualcosa verso questa direzione in futuro? Magari qualche remix più che singoli veri e propri.
Al momento non ci sentiamo di dire di sì. Cerchiamo di evolverci e di guardare sempre avanti dando massima priorità ai suoni che stiamo sviluppando. Il problema è anche che per fare musica da club e farla bene ci vuole veramente tanto tempo e il nostro progetto attuale ne richiede già abbastanza. Non riusciremmo a stare al passo dell’attuale mercato dance dove ogni mese devi uscire con una traccia. ‘That Way’ ci ha richiesto 8 mesi, quindi capisci bene che è impossibile questa tempistica per i club.
Qualche remix invece sicuramente. Quello dei Planet Funk, per esempio, ci siamo divertiti tantissimo a farlo. Continua comunque a piacerci il filone, seguiamo molto il suono di Chris Lake, che è ancoraun suono da evolvere secondo noi, che deve ancora sbocciare definitivamente. Ci serve anche per i live comunque, perché ai break pop uniamo i drop della dance, però ecco ci limiteremo ai remix.
Rispetto al passato troviamo SDJM molto più consapevoli dei loro mezzi e sereni, grazie al supporto dell’etichetta alle loro spalle. Un bel segnale per loro ma anche per il movimento in generale, che si è ritrovato unito la sera dell’intervista al Gate di Milano per il party di lancio del disco. Bravi ragazzi, speriamo di parlare presto ancora di voi!
24.01.2018