La velocità con cui la scena musicale elettronica eleva nuovi nomi al rango di superstar è pari solo alla rapidità con cui, scomparso l’hype, se ne dimentica. Quante volte abbiamo visto talenti bruciati nel giro di qualche mese? Molte, ma questo non sembra il caso del giovane Throttle, dj e produttore australiano entrato di prepotenza nelle playlist di mezzo mondo con tracce come ‘Hit The Road Jack’ e ‘Baddest Behaviour’. Vista la sua inarrestabile ascesa, abbiamo raggiunto Throttle durante il suo tour in giro per il mondo per porgli qualche domanda sulla sua vita e sul suo irresistibile successo.
La tua carriera internazionale è esplosa grazie alla tua brillante versione di ‘Hit The Road Jack’. Raccontaci la storia di questa traccia. Prima di pubblicarla eri cosciente del suo enorme potenziale crossover?
“Grazie! Ho realizzato la prima bozza strumentale nei primi mesi del 2016. Ci ho messo circa mezz’ora, seduto sul divano di casa mia, il posto dove mi sono venute in mente tutte le mie idee migliori. Un giorno l’ho fatta sentire a Oliver Heldens che ha immediatamente iniziato a canticchiare“hit the road jack, and don’t you come back no more no more no more no more” sopra la base. Alla fine, dopo aver valutato le opzioni, ho scelto di trasformarla in una cover. Navigando su YouTube ho poi trovato un’incredibile versione acustica eseguita da un cantante che risponde al nome di Lamont Landers. Dopo averlo contattato ha subito voluto far parte di questo progetto e poco tempo dopo sono volato in Alabama per registrare il vocal. Ho sempre avuto un buon feeling riguardo a questa traccia!”
Recentemente hai dichiarato che il miglior consiglio che si possa dare a un aspirante produttore è quello di imparare a suonare uno strumento. Tu che strumento suoni e come lo integri nel tuo workflow in studio?
“Suono la chitarra. Ho iniziato quando avevo otto anni e ho continuato la pratica per tutta la mia infanzia. Una volta iniziato a produrre con le DAW pensavo di non averne più bisogno e così l’ho messa da parte per un pò ma, dopo averla ripresa in mano, ho realizzato quanto fosse fondamentale per scrivere buoni pezzi. Suonare mi ha aiutato inoltre a capire gli accordi che più mi piacciono, come evocare differenti emozioni e come uscire da una situazione di stallo creativo. Spesso inizio un nuovo progetto da una sessione di improvvisazione con la mia chitarra che poi trasporto sul computer sotto forma di synth. All’interno di molte mie tracce, come ‘September’ o il remix di ‘Don’t Leave’, unisco la mia chitarra con alcuni synth: un trick che crea qualcosa di davvero unico”.
Il tuo anno è pieno di festival, apparizioni su enormi stage e performance indimenticabili in tutto il mondo – l’anno scorso hai suonato anche a Nameless e, qualche mese fa, hai calcato il Main Stage di Boom. Festival, in Alto Adige. Qual è la gig del 2018 che ricordi con più entusiasmo e perché?
“Prima di tutto voglio dire che adoro entrambi i festival che hai nominato: gli italiani e la loro cultura hanno un posto particolare nel mio cuore. L’esperienza più emozionante in assoluto è stata la mia prima presenza a Tomorrowland. Ho avuto la fortuna di esibirmi entrambi i weekend e di presentare la premiére di ‘Disco Night’ durante il set di Kungs sul Main Stage. Epico!”
La dolorosa perdita di Avicii ha portato alla luce la necessità per dj e produttori di trovare un efficace bilanciamento tra lavoro e vita privata. Come affronti la pressione, le grandi aspettative e lo stress che ti accompagna ovunque tu vada?
“Non potrei essere più d’accordo. Questo è un argomento che ho molto a cuore. Quando sono in tour faccio il possibile per andare regolarmente in palestra, dormire, mangiare sano e fare il maggior numero possibile di cose ‘normali’, che sia cucinare un piatto di carne nel mio Airbnb, uscire per vedere gli amici o esplorare una città che non conosco. Sono le piccole cose che ti fanno rimanere sano di mente e con i piedi per terra quando tutto attorno a te c’è il caos”.
21.11.2018