Foto: Maikid
È finita l’estate 2019. È terminato il Jova Beach Party. Le due cose coincidono in modo straordinariamente puntuale, sia sul piano squisitamente tecnico (calendario alla mano), sia sul piano meteorologico, sia su un ideale piano di condizione mentale, di mood, per dirla con un anglicismo che fa sempre figo. Su questo tour monumentale, epico, già avviato a entrare nella storia della musica e dell’intrattenitmento, è difficile aggiungere qualcosa che negli ultimi tre mesi non sia stato detto. Oltretutto, questo articolo esce due giorni dopo il grande concerto di chiusura a Linate (100mila spettatori) e quindi i proverbiali fiumi di inchiostri sono già stati spesi a riguardo.
DJ Mag non è una testata che si occupa di temi generalisti, né un blog di appassionati ambientalisti pronti a fare le pulci sugli aspetti controversi (per citare proprio Jovanotti) di questa impresa. Su critiche (più o meno fondate), haterismi, provocazioni, e su quei dati che piacciono tanto a chi misura tutto in numeri, si sa tutto, o quasi. Spesso si è parlato e scritto a sproposito, ma hey! è l’epoca del web e della tastiera facile, le cazzate sfuggono dai cervelli e finiscono sui profili, che ci possiamo fare. Fortunatamente, qui ci occupiamo di musica. E della musica di questo tour si potrebbe parlare all’infinito. Dal punto di vista di chi si occupa della musica “da dj”, quello che abbiamo visto e sentito quest’estate è un ibrido decisamente contemporaneo, capace di rinnovare e ridefinire il paradigma del concerto per come lo intendiamo di solito. Non era infatti “il concerto di Jovanotti”, e nemmeno “il dj set di Jovanotti”. Era entrambe le cose, era un concerto che iniziava con la band (spesso entrando direttamente sul dj set dell’ospite precedente) e si spostava alla consolle, per poi mischiarsi nuovamente con i musicisti e così via. Era anche un perenne re-edit, mash up, remix dal vivo. Il tutto con una naturalezza che ha conquistato il pubblico, felice di ballare ‘Losing It’ di Fisher, ‘Around The World’ dei Daft Punk, ‘Danza Kuduro’ di Don Omar o ‘Song 2’ dei Blur così come i pezzi di Lorenzo. Dj Jova vs cantante Jovanotti.
Il filmino di Linate!@maikid ha realizzato un filmino per ogni giornata di #jovabeachparty e oltre a ringraziarlo applaudo la sua maestria e la velocità con cui nella notte ha montato questi video ricordo che rimarranno. Buona visione!
Pubblicato da Lorenzo Jovanotti Cherubini su Domenica 22 settembre 2019
Se il decennio che sta finendo ha abbattuto definitivamente le barriere tra discoteca e concerto, il Jova Beach Party si è fatto carico di portare questo matrimonio un gradino più in alto. Di fatto, Lorenzo ha portato in giro per le spiagge un festival: una giornata di musica su tre palchi, e di musica vera, non scontata, non prevedibile. Dj, cantanti, band sconosciuti a molti, che fanno musica egregia e che nelle orecchie di chi ascolta sono semi di novità. E un protagonista assoluto che intrattiene, entusiasma perché per primo si entusiasma a fare quello che fa, instancabile, sul palco dall’inizio alla fine, per nove ore. Dico una cosa forte, ma sfido chiunque a contraddirmi: in Italia, ad oggi, pochissimi festival hanno registrato 30/40mila ingressi al giorno. Nessuno ne ha fatti 100mila. E soprattutto, nessuno l’ha fatto con una line up che includesse artisti internazionali poco noti nel nostro Paese, con tantissima Africa, un bel po’ di Sudamerica, molti dj. Jovanotti ha le spalle abbastanza larghe da potersi permettere di andare in spiaggia con la sua band e i soliti due, tre gruppi spalla spinti dalla produzione, compagni di etichetta o di management. E nessuno ne avrebbe avuto a male. Invece si sono fatte le cose in grande. Andando a esplorare suoni e mondi curiosi per chi ha orecchie aperte alle novità.

Foto: Maikid
Gli stessi dj del tour si sono spinti verso territori lontani dall’intrattenimento di massa classico da pre-concerto. Ce lo raccontano gli Ackeejuice Rockers, resident di tutte le date sullo Sbam Stage: “eravamo partiti pensando al pubblico dei grandi eventi pop, anche un po’ preoccupati perché non era il nostro pubblico. Ma proprio Lorenzo ci ha detto di dare alla gente quello che non conosce, fargli sentire cose nuove, ed è stato il mood che abbiamo tenuto in tutti i set, ci siamo divertiti tanto ed è l’esperienza in cui abbiamo sperimentato di più. E le persone si divertivano e saltavano” dice Ali Selecta. Il suo socio King P aggiunge “abbiamo la consapevolezza di un pubblico che si è affidato a noi, dai quindicenni ai sessantenni abbiamo visto le persone abbandonarsi a noi, sbattendosene di che genere suonassimo e reagendo con entusiasmo. E questo ci fa ben sperare per il futuro, a volte per superare i limiti basta osare, senza paura”.

Ackeejuice Rockers con Jovanotti. Foto: Maikid
Albert Marzinotto è stato protagonista di molte date del tour. Anche lui racconta una sensazione di libertà di sperimentare: “È stata una bellissima esperienza, ho suonato in cinque date, tutte entusiasmanti, soprattutto la chiusura di Linate. E ho potuto esprimermi e raccontarmi al meglio in questi set, perché nei club spesso si è “ostacolati” dalla pista, mentre il pubblico di Lorenzo è molto ricettivo e quindi mi sono divertito a proporre edit e remix miei di tanti pezzi. Ad esempio sabato ho aperto con un’acappella di ‘Call Me’ di Blondie su cui poi ho ri-arrangiato delle parti di tastiera. E poi ho suonato tanta disco, classic house, dalle mie produzioni a Van Helden. È bello vedere che il pubblico mi seguiva anche quando partivo con un bpm basso, 114, 115, per poi salire”.
Se il dj è l’anima di ogni party, e Lorenzo si è fatto carico di suonare un vero minestrone da festa dove i Nirvana convivono con la techno, la house, Bob Marley, i dj ospiti si sono dunque sentiti liberi di esprimersi senza troppi paletti. Benny Benassi ha aperto il tour a Lignano, e sabato a Linate ha suonato proprio prima di Jova, tornando poi sul palco insieme a Salmo. Lo raggiungo al telefono domenica e il suo racconto è emozionato ed emozionante: “il caso Jova dovrebbe essere studiato nelle università. Sabato Lorenzo aveva una parola buona per tutti, girava in bici, sposava qualcuno, presentava gli artisti… Io suono da più di quindici anni in tutto il mondo, ho collaborato con artisti internazionali, ma la presentazione che mi ha fatto Lorenzo sul palco è stata probabilmente il momento top della mia carriera. Il backstage era stupendo, lui arriva, prova con Salmo, con Tommaso Paradiso, saluta e chiacchiera, si intrattiene con il sindaco di Milano. L’energia era incredibile. E dico, ho 52 anni, ne ho viste di serate. Nel mio set ho potuto suonare in totale libertà quello che volevo, ho messo cose belle, anche due o tre pezzi techno non proprio facilissimi. Poi sono tornato sul palco per il momento in cui Lorenzo ospitava Salmo, ci siamo divertiti tantissimo sia con la band e il pezzo di Fisher, sia nel siparietto sul mio zaino che in Rete sta girando già moltissimo! È stato tutto perfetto”.

Benny Benassi con Salmo e Jovanotti. Foto: Maikid
E dalla superstar italiana per eccellenza è bello passare la palla a una figura che in quanto a dj set resta sempre un po’ nascosta, ma è invece un personaggio molto noto dell’entourage di Jovanotti. Leo Fresco lavora da quindici anni con Lorenzo in studio, cura pre-produzioni, il suono dei live e molto altro. Una persona competente e preziosa quanto discreta. Che però, in questi Jova Beach Party, ha fatto sentire forti le voci del dub, del reggae, di suoni spesso molto ricercati e tutt’altro che pop. “Per tutte le date ho “aperto le porte”, diciamo così, facendo tutti i giorni Radio Jova Beach, per due ore, e a Plan De Corones addirittura per cinque!! Dallo Sbam Stage per accogliere le persone ho suonato molta roba nuova africana, hip hop, molto reggae, la cosa micidiale è stata che la gente arrivava sempre con una grande voglia di ballare e divertirsi già da subito, e questo era forse dovuto anche al caldo. Ho sempre dovuto tenerli su in spiaggia, con i micidiali bassi del soundsystem. Ecco, ho avuto sempre voglia di pompare dei gran bassi, il caldo mi ha fatto questo effetto, a Policoro all’1 del pomeriggio era così caldo che i cdj mi si sono squagliati!”.
Techno, house, reggae, dub, trap, rock, rap. E artisti come AfrotroniX, Fatoumata Diawara, Bombino, Savana Funk, Flavia Coelho, l’elenco è lunghissimo. Se c’è un aspetto fondamentale, quello principale, che trascende le polemiche e il situazionismo da webeti, e sul quale chi si occupa di musica si dovrebbe soffermare, è proprio questo: in Italia, nel 2019, c’è un artista che ha portato davanti a 100mila persone (560mila in tutto il tour) degli artisti lontani dal solito, sconosciuti a molti, in line up degne di un festival internazionali e che spesso nei festival italiani sono considerate “troppo difficili”. Si fa un gran parlare di diversità, di spazi al nuovo, si vedono line up fotocopia e riempitivi goffi anche laddove ci si aspetta cartelloni rivoluzionari. È ovvio che la potenza di fuoco di Jovanotti è tale da potersi permettere qualisiasi cosa: se pensiamo che i suoi ospiti sabato sono i due artisti italiani di maggior successo del momento, due che da soli riempiono i palasport, abbiamo una misura del fenomeno. Ma il merito è proprio quello di sfruttare la propria forza per tentare di mostrare qualcos’altro. Dai dj alle band. Poi c’è anche tutto il resto: un format nuovo e coraggioso – con i suoi rischi, e le polemichette di questi mesi purtroppo ne sono testimonianza – che ha già creato una rivoluzione nel modo di pensare alla musica dal vivo; l’idea green dietro tutto questo; la voglia di forzare i limiti del consueto. Ad essere così spavaldamente affamati di futuro si corrono rischi, soprattutto quando si è molto esposti. È naturale. Ma è la forza con cui si compiono imprese storiche. Volenti o nolenti, il Jova Beach Party è un’impresa storica per la storia dello spettacolo in Italia, e probabilmente una case history mondiale, da molti punti di vista. Quelli musicali, di cui parliamo con competenza e cognizione di causa, li abbiamo affrontati qui. Al resto ci pensino i sociologi, gli studiosi di marketing, di economia, di ecologia. La festa è stata qui, ci siamo stati, è stata grande. Sfido chiunque a dire il contrario.
23.09.2019