Foto: Ultra Music Festival/Rudgr
Non c’è niente di discreto a Miami. La città meno americana d’America vive di eccessi. Miami è un posto unico dove esagerare è un obbligo, dove il pacchiano non fa notizia, dove non servono filtri per mostrare opulenza. Il 20° anniversario di Ultra Music Festival si inserisce in un contesto ormai ogni oltre aspettativa. “Expect the unexpected” era l’unica iperbole possibile per descrivere un climax ascendente senza precedenti, con lo slot della domenica sera a sorpresa sia sul Main Stage sia sullo stage di Armin van Buuren. Mentre lo show di Above & Beyond era stato annunciato ufficialmente poco prima dell’inizio del festival, il segreto di Pulcinella peggio nascosto della storia moderna cominciava a insinuarsi tra le vie di South Beach attraverso Instagram Stories di un certo peso (Palm Angels, Virgil Abloh). Era inevitabile. Troppo invadente quello che stava per accadere. Troppo irruento per non strabordare.

La reunion della Swedish House Mafia ha catalizzato su di sé l’attenzione di un intero weekend di musica dance, con il mitico main stage di Ultra incastonato tra i grattacieli di downtown, in una location forse non comodissima ma esagerata, stellare come piace da quelle parti. Gli interpreti chiamati in causa sanno come gestire la situazione. Steve Aoki si porta con i portoricani sul palco, Armin Van Buuren è la solita certezza, DJ Snake è spocchiosamente devastante e Kaskade si muove con la nonchalance del padrone di casa. Jauz, Tiësto, Afrojack, Marshmello e The Chainsmokers nell’infilata più devastante del weekend, con gli ultimi due a dominare la scena e gli olandesi a interpretare al meglio il lavoro del disc jockey da Main Stage, senza tanti amici intorno ma con una carica agonistica, una precisione e una concentrazione strepitosa. Tutto però sembra girare intorno al main event della domenica sera. David Guetta, in grande forma fisica e musicale, smette prima del previsto. Non sta nella pelle, deve scappare nella VIP per assistere a quello che sta per succedere. Lo ammette lui stesso in uno dei tanti statement al microfono con i quali ha descritto perfettamente la scena negli ultimi dieci anni.
Quarantacinque minuti di silenzio, di fronte ad un palco del genere, sono un’eternità. Eccitazione e tensione tengono viva una marea di gente stremata e in religioso silenzio. Assistere a un culto del genere è assai raro. Il main stage subisce un intenso restauro con i tre svedesi che ormai sono sulla vita del ritorno, la stessa percorsa, nel senso inverso, cinque anni fa, quando decisero che il doppio weekend di Ultra Miami sarebbe stato l’ultimo. Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano. Interessi? Sicuramente. Sentimento? Anche. Ma chi se ne frega! Once in a lifetime baby. La Swedish House Mafia sta alle nuove generazioni come i Daft Punk stavano a quella precedente (la mia), non c’è spazio per la filosofia. Quella arriverà come sempre con il senno di poi. Una consolle di vetro domina un palco elegante e minimale. La scena è curata nel dettaglio. Niente è lasciato al caso. Eccoli. L’emozione è tanta. La pelle sulle braccia fa su e giù, scappa pure qualche lacrimuccia. La raffica di hit è stata per la maggior parte riarrangiata per l’occasione, intervallata da un paio di lenti violenti scuri che potrebbero definire il nuovo corso della Swedish House Mafia. Axwell, Sebastian Ingrosso e Steve Angello, elegantissimi, se ne stanno in piedi in consolle un po’ meno fermi dei Kraftwerk, più ballerini dei Daft Punk, ma il messaggio di maestosità è quello. Giochi di fumo e luci ad alta intensità oscurano la messa in scena, come a enfatizzarne una possibile forma di evanescenza. Come a voler rendere discreto un momento storico, gigantesco e irripetibile. Nonostante la Swedish House Mafia sia per definizione l’esatto contrario, la performance – a tratti al limite dell’istallazione video-sonora – ha nascosto una sorta di rispetto. Paura non è un termine concepito, ansia da prestazione potrebbe essere una definizione più adatta. Musica nuova – a parte la digressione di cui sopra – non ne abbiamo sentita, ma forse c’è ancora speranza. Una speranza a 128 carati, per riportare la musica dance al centro del discorso. La vita scorre via talmente veloce che cinque anni sono sembrati un’eternità. Swipe up Swedish House Mafia. “This time is for life”, dice Axwell al microfono. Mi auguro che sia una ripartenza perché quando un movimento comincia a vivere di nostalgia affonda non solo sé stesso ma anche ciò che viene dopo.

28.03.2018