• VENERDì 24 MARZO 2023
Interviste

Venerus: “faccio musica dolce con la mia voce”. E decisamente Magica

Il cantante si racconta all'uscita del suo album di debutto 'Magica Musica', tra musica elettronica, jazz, gatti, nuovo pop, e un mondo decisamente sospeso e magico

Foto: Sha Ribeiro

Venerus è il nuovo pop italiano. Quello fortemente imparentato con l’elettronica come con la canzone d’autore. Non è un caso che possiate leggere una sua intervista su DJ MAG. Perché se ci siamo abituati (impigriti?) a considerare come “nostra” la musica schiettamente orientata al dancefloor, è decisamente tempo di re-imparare a mettere sulla nostra mappa anche quei suoni e quei dischi che pur non essendo esplicitamente dance, hanno una parentela più o meno stretta con la musica da club. Ne gioveranno i nostri orizzonti, assolutamente più ampi e larghi, e ne gioverà la musica stessa, visto che steccati e barriere hanno sempre meno senso.
‘Magica Musica’ è un disco attesissimo, anticipato dal successo di ‘Ogni Pensiero Vola’, singolo in rotazione anche nelle radio più tradizionaliste del nostro Paese, e in qualche modo “gemello” di ‘OBE’, l’album di MACE (a proposito, QUI potete leggere o rileggere la sua intervista) che sta scalando tutte le classifiche. Due lavori che, insieme a tanti altri usciti negli ultimi due, tre anni, stanno riscrivendo le coordinate della musica italiana, arrivando da un ambiente decisamente “laterale” che si sta prendendo però il giusto posto al sole. E se il mainstream è questo, è pane per i nostri denti.

 

Hai lavorato a ‘Magica Musica’ per lungo tempo, durante il quale il tuo profilo artistico è cresciuto enormemente nella considerazione dell’establishment musicale come nel cuore dei fan. Come si è evoluta la scrittura dei pezzi in questo periodo?
È come se l’apprezzamento per il lavoro che stavo facendo e il lavoro stesso fossero su due piani diversi: tutta questa attenzione mi ha stimolato, vedevo che valeva la pena andare a fondo nel percorso che sto facendo. Avvertivo una pressione, ma non quella pressione negativa da prestazione; mi ha salvato da questo tipo di pensieri tutto il lavoro da fare, non avevo proprio tempo di riflettere su cosa potesse andare male. La preoccupazione dei risultati è passata non in secondo piano, ma in decimo piano.

La cosa incredibile – lo dico in positivo, perché credo ci sia stato una sorta di passaparola – è che sei arrivato alle orecchie di molti nonostante di recente tu non abbia pubblicato moltissimo materiale.
Il fatto strano è che venivo da due anni molto rarefatti, è vero, di escalation, di grande concentrazione sulla musica. Ed essere così proiettato nel futuro mi ha fatto prendere un palo in faccia quando era il momento di suonare dal vivo e soprattutto quando uscivo dalla bolla della musica, dello studio.

Cioè?
Ricordo un momento molto preciso, era aprile 2020: ero tutto come artista ma niente come persona. Non badavo a nulla che non fosse scrivere, produrre, arrangiare, mettere a punto le canzoni. Ma c’è un limite tra perfezione e ossessione, e ovviamente l’ossessione per il proprio lavoro fa perdere la rotta in tutto ciò che non è lavoro. Poi la primavera del 2020 ha tirato il freno a mano in modo brusco: non potevo andare a registrare delle session già fissate, né spostarmi per andare in studio in altre città, né suonare nonostante ci fossero date fissate. Ma mi ha fatto bene: quest’anno così strano mi ha fermato, rimesso in bolla a livello personale, era necessario perché stavo perdendo certe persone e certe cose della mia vita.

 

Come fai a essere così pop e contemporaneamente libero nella tua musica? Voglio dire, sono pezzi straordinariamente immediati, ma musicalmente non così “facili” come ci si aspetta da un brano pop, anche se so che sto semplificando. Qual è il cavallo di Troia con cui entri nelle orecchie delle persone?
Una cosa che ho capito ultimamente pensando al mio disco, ai pezzi che vanno in radio, anche lontani dal mondo del pop, almeno concettualmente, è che il cavallo di Troia è la persona, non è la musica.

Spiegami questo concetto.
Che cos’è il pop? Non è un genere, è un contenitore. I Beatles erano pop. Michael Jackson era pop. Ma facevano lo stesso tipo di musica? No. Il segreto è che bisogna essere riconoscibili, è la persona che catalizza tutto. Se ti faccio sentire il mio disco strumentale, non diresti che è pop. Invece i testi e la voce ti fanno arrivare il messaggio. Mi fanno diventare convincente. Mi è stato chiesto di recente cosa consiglierei agli artisti giovani: io consiglierei di “fondare una loro religione”, nel senso di essere consapevole di ciò che so vuole: se sei un artista, vuoi che la gente lo ascolti, non ci sono alternative. E hai la responsabilità di guidare delle persone, in qualche modo.

Quindi?
Quindi devi crederci, come si crede in una religione. Se non ci si crede per primi, chi ci crederà?

 

Mi parli della produzione di ‘Magica Musica’?
‘Magica Musica’ è un album figlio della mia collaborazione e relazione umana, amichevole, con MACE, che non è solo il mio produttore ma una vera controparte artistica con cui mi sono trovato e ritrovato fin dal giorno in cui ci siamo conosciuti. Per dirti, mi ha aperto le porte del suo studio, letteralmente, e ricordo benissimo il momento in cui mi ha dato le chiavi, proprio la mia copia. Mi ha dato fiducia e mi ha permesso di entrare nel suo mondo in modo totale.

Sai che quando ho intervista MACE qualche tempo fa mi ha detto la stessa identica cosa?
Per me è stata una molla fondamentale, tutto il disco l’abbiamo fatto insieme, tranne un paio di episodi in cui ho voluto anche altri producer al mio fianco, ma era comunque sempre presente. A parte MACE, l’unico vero “extra” sono i Calibro 35: con loro ho registrato alla vecchia: tutti insieme in questo studio enorme, in presa diretta, quella che una volta veniva proprio chiamata sala d’incisione, o di ripresa. E devo dire che mentre ero lì, con questi musicisti fantastici, ho realizzato che il prossimo album voglio farlo proprio in questo modo. Tutto suonato con la band nella stessa stanza, con il feeling di essere insieme, di poter sbagliare troppo, con linea della condivisione nel senso più totale del termine.

A proposito: oltre ai Calibro ci sono diversi ospiti, ma non troppi. Mi spieghi chi sono e il perché di questa scelta?
Mi sta sul cazzo l’ossessione e l’attitudine generale verso i featuring, è un meccanismo assurdo e perverso, per cui diventa più importante la tracklist delle canzoni stesse. La modalità “raccolta delle figurine” è ridicola, ho visto dischi che all’annuncio della tracklist hanno avuto un hype stellare, i tag, i like, l’engagement, e poi sgonfiarsi poche ore dopo l’uscita. Non era ciò che volevo.

Forse perché la logica del featuring è foriera di click di fanbase incrociate, e aiuta con i repost sui social… ma tu cosa volevi, invece?
Le collaborazioni sono fondamentali nel mio percorso. Ma proprio per questo su ‘Magica Musica’ sono selezionate: perché è una fotografia della mia vita oggi, e le persone ospiti sono parte di questa fotografia. Oltre ai Calibro 35 ci sono Rkomi, Frah Quintale, Gemitaiz che è una delle prime persone con cui ho lavorato e da cui ho ricevuto fiducia; Crookers, amanda lean, not for climbing e Vanegeas. Amici e persone che stimo, oltre a MACE ovviamente. A proposito, nel suo disco il discorso è lo stesso, anche qui siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Poi si può obiettare che lui abbia fatto la raccolta delle figurine, ma non è così. E poi è un producer, se vuole fare un album di canzoni deve avere dei cantanti, direi…

 

Metti che, anziché me, hai davanti ora una persona che ascolta poca musica, in modo più casuale, approssimativo: per dargli un’idea, dove ti collocheresti su una ideale mappa della musica italiana?
Faccio fatica a risponderti, perché nella mia testa ho un’idea che magari non rispecchia ciò che percepisce la gente. A questa persona direi che faccio musica dove ci sono canzoni con tanti strumenti, tanto jazz, tanta elettronica… se dovessi dargli una definizione, forse sarebbe “musica dolce con la mia voce”.

Hai detto elettronica, siamo su DJ MAG: ne ascolti tanta?
Sì, ho avuto 3 anni in cui ascoltavo un botto di techno, e anche elettronica più sperimentale; ultimamente devo dire che sono tornato più verso il jazz ma recentemente ho risentito Laurel Halo, per me ‘Dust’ e ‘Chance Of Rain’ restano due grandi album, mi hanno fatto impazzire. Un’altra che mi piace è Kelly Lee Owens, tranne il pezzo dove canta però. E poi mi sono riascoltato tanto ‘Canone Infinito’ di Lorenzo Senni. E come dicevo, techno e house. Nella mia testa la house non è musica elettronica, per cui la nomino sempre un po’ in ritardo quando ne parlo, non mi viene in mente subito.

Perché non la consideri elettronica?
Beh perché ha una forte connotazione black, c’è un’anima funk, soul nella house. C’è la disco. Spesso ci sono voci black, quindi la vedo più il proseguimento di quel percorso rispetto, banalmente, alla techno, che è musica elettronica per definizione, con le macchine grandi protagoniste.

 

Cosa ricorderai di questo momento così speciale della tua vita?
Le lezioni di pianoforte che indipendentemente da tutto quello che succede nella mia vita mi fanno entire una merda ahahah! Ricorderò i gatti. Vorrei dirti che ricorderò i tanti concerti ma quella per il momento è una speranza.

Ultima domanda. Ne avevo parlato anche con MACE: siete artisti molto liberi ed estrosi anche nel look. Come ti ci rapporti con il tuo aspetto visivo?
Io credo che un artista si debba impegnare un pochino anche nel lavoro di presentarsi in un certo modo. Fare una ricerca nei campi che lo interessano. Il modo in cui ti presenti è un’occasione che dai alle persone di associare la tua immagine a quello che fai, poi è chiaro che conta la musica prima di tutto, ma perché non curare anche la propria immagine? È divertente. È l’atto di creare icone, lo creava la Chiesa, perché non farlo noi che siamo artisti? Se non lo facciamo noi, chi mai deve farlo?

 

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Albi Scotti
Giornalista di DJ Mag Italia e responsabile dei contenuti web della rivista. DJ. Speaker e autore radiofonico.

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