Le evoluzioni dell’industria dell’intrattenimento e della musica elettronica sono sempre difficili da cogliere con anticipo. Nel nostro caso infatti prevedere lo stato di salute del clubbing non è mai stato semplice sia da un punto di vista artistico che economico. In Italia tuttavia si sta sviluppando un modello imprenditoriale e artistico che vede festival e rassegne più raccolti ed intimi, capaci di arricchirsi in senso lato attraverso le peculiarità del territorio ed un’offerta artistica molto mirata.

Sotto questo profilo More Festival è sicuramente uno degli esempi più interessanti e virtuosi. Trovare situazioni dancefloor oriented alla biennale di Venezia, ballare all’interno del forte di Marghera allestito per l’occasione, godersi un live sdraiato a pochi passi dal mare sgranocchiando pietanze tipiche, queste sono solo alcune delle possibilità che la manifestazione consente.

Ma se è vero che More Festival offre grande varietà in termini artistici e di venues lo stesso è vero, purtroppo, anche per il pubblico a volte insofferente di fronte a scelte artistiche considerate ardite. Se Todd Terje cattura tutti i presenti con il suo live, in cui compaiono molti nuovi brani degli ultimi mesi, Kostantin Sibold invece regala un back to back con Kosme incerto che fa subito vacillare il mood. Al di là della scelta di far esibire assieme due artisti che offrono una narrazione molto diversa tra loro è proprio il pubblico non propriamente “dei nostri” a non conoscere alcune dinamiche, concedendo quindi poca pazienza e rispondendo tendenzialmente solo alla cassa dritta.

Questo è un meccanismo comprensibile, una parte del processo che in nessun modo può togliere a More Festival il merito di aver scelto coraggiosamente, in un momento dove essere coraggiosi non pare essere assolutamente conveniente. Sì, perché ci vuole coraggio ed esperienza per creare un collante che leghi il live dei dOP, jazzato, malinconico e folle ai sorrisi che il groove di Todd Terje regala sotto il motto di “Love, Laugh, Live”. Ci vuole coraggio per credere che il pubblico avrà cura di uno spazio allestito con immensa dedizione in un suggestivo forte ottocentesco senza cedere alle lusinghe del party selvaggio. Ci vuole coraggio per regalare al pubblico così tanti spazi collaterali, rischiose distrazioni dal dancefloor che rendono però l’evento ancora più godibile. Però alla fine se questi risultati arrivano vuol dire che…ci vuole coraggio.
15.06.2017