[Da DJ MAG Italia N°79, aprile 2018]
Lunedì sera, la discoteca. Martedì sera, la discoteca. Mercoledì che mal di testa, ma sono andata alla discoteca. Giovedì sera, la discoteca. Venerdì sera non volevo andarci ma Fabio è venuto a cercarmi e allora sono. Andata, alla discoteca. Chissà che fine ha fatto il Fabio di questo motivetto che nei primi anni duemila risuonava nelle discoteche italiane. Era il 2003 e gli Exch Pop True incidevano ‘La Discoteca’. La scelta del verbo non è affatto casuale. I dischi si fabbricavano ancora in quel modo e soprattutto si vendevano ancora e in abbondanza. Non esisteva assolutamente nessun modo alternativo di accontentare la voglia di ascoltarli se non quella di acquistarli fisicamente o di aspettare il sabato sera per poterli ballare con gli amici in discoteca. La discoteca, il non-luogo per eccellenza. Un posto che non esiste. Che quando si accende è il mondo fantastico di luci, suoni e colori in cui vorresti vivere per sempre. Che quando si spegne è un casino. La discoteca è l’illusione collettiva contemporanea più popolare al mondo. Una magia, dove la danza primitiva si trasforma in un rito collettivo chiamato ballo, guidato da uno sciamano che gioca con i dischi chiamato disc jockey.

(Foto: Gli anni ’60 all’Hilton International di Okinawa in Giappone erano già spaziali, almeno a giudicare da questo scatto. Specchi e luci tentacolari erano necessari per garantire il divertimento ai ballerini. Nota Bene: c’è una tizia che balla in ciabatte)
Le domande sulle origini dell’universo, del mondo, della terra, degli animali, dell’uomo, della natura o di qualsiasi arte o attività spirituale o materiale sono di gran lunga le più interessanti. Racchiudono l’infinito che spaventa e affascina. Andare a ritroso per raccontare una storia è stata una disciplina fondamentale attraverso la quale storici, filosofi e scienziati hanno riscostruito la nostra storia. Per raccontare quella della discoteca non occorre andare indietro chissà quanti secoli. È necessario solo un piccolo salto nel 1943. Siamo a Otley è un piccolo paese di 15 mila anime a mezz’ora da Leeds, nel nord dell’Inghilterra. È qui che un certo Jimmy Savile si inventa una professione, quella del dj e un luogo, la discoteca. Tutto questo con una sola, semplice, geniale idea: suonare dei vinili pubblicamente. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’area intorno a Leeds è sfruttata dagli Alleati per estrarre il carbone dalle ricche miniere sotterranee. Nel XIX e XX secolo la pratica d’estrazione dà lavoro a più di un milione di persone e rappresenta il business più redditizio del Regno Unito. Sono molte le storie ispirate a questo contesto storico e sociale. Come il film “Billy Elliott”, che racconta la storia del giovane Billy, figlio di minatori, che si scoprirà omosessuale preferendo la danza alla boxe scatenando l’ira della sua famiglia. Anche quella di Jimmy Savile potrebbe essere tranquillamente una storia da film. Nato a Leeds il 31 ottobre 1926, dopo alcuni anni trascorsi in miniera a estrarre il carbone, nel 1958 inizia a lavorare come dj radiofonico. Nel 1964 diventa il conduttore di Top of the Pops sulla BBC raggiungendo enorme popolarità. Geniale ed eccentrico Jimmy viene insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico nel 1971 e nel 1990 di Cavaliere dell’Ordine di San Gregorio Magno per le opere di bene compiute addirittura da Papa Giovanni Paolo II. Nella seconda metà degli anni 2000, qualche anno dopo la sua morte, la fama e la reputazione di Jimmy Savile vengono improvvisamente distrutte da un terribile scandalo che riguarda ripetuti episodi di pedofilia e violenza sessuale. Le accuse sono talmente gravi e scioccanti (Scotland Yard lo definirà come “il peggior predatore sessuale nella storia del paese”) da costringere l’allora primo Ministro della Sanità britannico, Jeremy Hunt, a scusarsi con le vittime a nome del governo per non averle protette da un uomo considerato un tempo un “eccentrico gioiello nazionale”. Un epilogo scioccante di una storia che sarà fondamentale per la club culture.

(Foto: Jimmy Savile dal Mirror)
Come molti coetanei, negli anni quaranta anche il giovane Jimmy Savile lavora in una delle miniere della periferia di Leeds. È un ragazzo creativo, eccentrico e originale. Costretto a casa da un infortunio, pensa che la sua vastissima colleziona di vinili, per lo più swing, sia così bella che tutti dovrebbero ascoltarla. Con l’aiuto di un amico costruisce un sistema di amplificazione rudimentale e affitta una sala parrocchiale con l’obiettivo di farla ascoltare ad alcuni amici. Vari corto-circuiti non permettono alla musica di riprodursi per più di cinque minuti di seguito, lasciando perplesse le 11 persone presenti in sala. Come nel caso dei 42 spettatori della prima esibizione dei Sex Pistols, anche gli 11 presenti in una sala parrocchiale di Leeds erano del tutto inconsapevoli di aver dato il via ad una rivoluzione. È in quella stanza infatti che nel 1943 Jimmy Savile inventa la discoteca intesa come luogo pubblico dove un gruppo di persone si ritrova per ascoltare della musica in vinile appoggiata sul grammofono da un una persona che più avanti verrà definita disc jockey. Jimmy Savile diventa un fenomeno. La Mecca Ballrooms, proprietaria di numerose sale da ballo in tutta l’Inghilterra, gli propone di portare lo show in giro per il paese. Accetta, migliorando il suo show con un’altra idea. Per non annoiare il pubblico durante il cambio del disco, decide di utilizzare due giradischi in modo da creare un flusso di musica continuo, inventando la figura del disc jockey.

(Mecca Dancing Ballroom, Tottenham da Pinterest)
Se la figura del dj nasce a metà anni quaranta in Inghilterra la discoteca moderna è un’invenzione francese. La rivalità tra i due paesi divisi da poco più di 30 chilometri di mare, è storicamente lunga e aspra, iniziata nel 1337 con la Guerra dei cent’anni. Nonostante Francia e Inghilterra abbiano combattuto insieme il nemico durante le due Guerre Mondiali, nonostante la costruzione del tunnel della Manica nel 1994, la contesa non si è mai addolcita. Calcio, rugby e anche musica. Chi ha inventato la club culture? Gli inglesi devono il loro approccio pionieristico ad un motivo socioculturale ben preciso. Nel Regno Unito per ascoltare la bella musica bisognava per forza di cose andare nei club perché la radio di governo non offriva una grande varietà di canzoni. Questa limitazione ha favorito nel corso dei decenni curiosità e passione. Negli Stati Uniti invece, la grande libertà delle frequenze radiofoniche alimentava l’esatto contrario. Per sentire i dischi più originali e nuovi, a New York negli anni cinquanta non occorreva uscire di casa. Bastava accendere la radio. A Londra no. Nonostante queste premesse la discoteca moderna nasce però a Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale. C’è un piccolo bar in Rue de la Huchette, a due passi dalla Cattedrale di Notre Dame, dove i proprietari suonano dischi di musica jazz. Intanto è più economico che ingaggiare una band. E poi suonare i dischi di musica nera è un grande gesto di resistenza. Il bar si chiama La Discoteque, che letteralmente significa collezione di dischi, prende ispirazione dal termine Biblioteche, che vuol dire collezione di libri. È l’imprenditore francese Paul Pacini ad intuirne le potenzialità e nel 1947 ne approfitta per inaugurare in Rue de Seine, un locale dedicato alla sua grande passione alcolica. Lo chiama Le Whisky à Go-Go. Altri sorgono nei mesi successivi. Come lo Chez Castel di Jean Castell e lo Chez Regine, gestito da Regine Zylberberg, che a Le Whisky à Go-Go puliva i bagni delle signore. I club esclusivi di Parigi diventano presto il luogo preferito dal jet set della città, rifugio notturno di artisti come Johnny Hallyday, Eddy Mitchell o Serge Gainsbourg. Allo Chez Regine la direttrice appende sulla porta per un mese intero un cartello con scritto “Tutto esaurito”, mandando via quelli che si presentano per entrare. Solo che il locale è ancora chiuso. Quando, un mese dopo, lo Chez Regine apre veramente, fuori dalla porta ci sono centinaia di persone disposte a tutto per vedere cosa c’è di speciale all’interno. Grazie alle idee di Paul Pacini e Regine Zylberberg, alla fine degli anni quaranta nasce a Parigi la discoteca come luogo pubblico alla moda dove si ascolta e si balla la musica del momento. Chi ha vissuto anella capitale francese durante la Guerra è rimasto talmente entusiasmato dal fenomeno da esportarlo nel mondo. Al 890 di Sunset Boulevard nella Sunset Strip di West Hollywood in California, l’11 gennaio 1964 apre al posto di una centrale di polizia, un locale che si chiama Whisky a Go Go, chiaro tributo all’originale parigino.

(Foto: Whisky a Go Go, Los Angeles da LA Times)
Negli Stati Uniti degli anni ’50 spopolano i cosiddetti “soch-hop party”. Per partecipare a queste feste i partecipanti devono togliersi le scarpe per non lasciare il segno sul parquet delle palestre che li ospitano. Alcuni dei “soch-hop party” più importanti sono organizzati da un tecnico del suono newyorkese che si chiama Bob Casey. Nel 1957 organizza la sua prima festa sponsorizzato dalla 7UP che gli paga le spese in cambio di poter servire la bevanda al pubblico tra un disco e l’altro. Bob Casey utilizza un altoparlante per amplificare il suono e due giradischi per non interrompere la musica swing, proprio come faceva Savile a Leeds oltre dieci anni prima. Ma sono ancora una volta i francesi a cambiare la notte americana. La notte di Capodanno del 1960 apre al 416 est della 55 strada, la prima discoteca di New York: le Clùb. Ma la vera rivoluzione copernicana che cambierà per sempre gli usi e i costumi sarà l’arrivo di un nuovo tipo di ballo: il twist. “Fate finta di asciugarvi il fondoschiena con un asciugamano dopo la doccia e allo stesso tempo cercate di spegnere una sigaretta con due piedi”. Così nel 1960 Chubby Checker spiega al pubblico del più importante programma televisivo americano, The American Brandtsand, come si balla il twist. Nato a Baltimora nel 1960, il twist modifica radicalmente il modo con cui i giovani si approcciano alla sala da ballo. Per prima cosa, non è un ballo di coppia. Basta essere un po’ estroversi per lanciarsi in pista a ballare, anche da soli, senza il bisogno di essere accompagnati da una signora. E questo cambia tutto. Anche le impermeabili sale da ballo inglesi e francesi, con le loro rigide regole, si arrendono al twist. I media lo condannano, definendolo osceno e irrispettoso ma l’impatto sui giovani è devastante. Andare a ballare diventa un’attività leggera a divertente. A New York, Londra e Parigi i locali vengono presi d’assalto e il dj, che fino a qual momento aveva un ruolo marginale, comincia a farsi largo, affiancando le band.
La prima della discoteca moderna della storia è il Lyceum di Londra. Il dj resident Ian Samwell è una superstar. Suona i pezzi più forti del momento supportato da un impianto audio e luci. Il Lyceum è il primo locale della storia pensato esclusivamente per far scatenare i clienti in pista, in prevalenza Mods strafatti di anfetamine. Siamo negli anni sessanta. Oltre al Lyceum a Londra c’è lo Scene dove il dj Guy Stevens suona dischi R’n’B. Anche Stevens è una celebrità. È il dj di riferimento dei Rolling Stones, dei Beatles e di Eric Clapton. Arrivano da tutto il paese per sentirlo suonare. Dopo una vita di eccessi, morirà il 29 agosto 1989 non prima di aver prodotto il suo disco più importante: ‘London Calling’ dei Clash. Con gli anni sessanta la club culture comincia a mettere le sue fondamenta. In Inghilterra il culto della notte si diffonde rapidamente e i club si consacrano come il luogo per eccellenza dove scoprire la musica nuova. L’idea geniale di Jimmy Savile di suonare nel 1946 la sua collezione di vinili in pubblico è stata drammaticamente oscurata dalle inquietanti vicende che lo hanno messo a centro di un’inchiesta-shock senza precedenti. Ma è grazie a lui che il modo di ascoltare e riprodurre la musica in pubblico ha cambiato gli usi e i costumi della società, arrivando ad essere oggi uno spettacolo sensazionale, dove le migliori eccellenze tecnologiche lavorano per creare eventi danzanti impensabili fino a una ventina di anni fa.

(Foto: The Lyceum Theatre, Wellington Street, London)
In Italia è il boom economico degli anni sessanta a favorire il germogliare dei locali italiani. L’Isola d’Elba rivendica la paternità dalla discoteca nostrana. Secondo alcune testimonianze, già nel 1964 nel comune di Portoferraio si balla musica in vinile ad alto volume al Club 64, che tra l’altro esiste ancora. Anche il Nepentha di Piazzale Diaz a Milano gioca un ruolo importante. Nel 1969 pare avesse già un dj che intratteneva il jet set meneghino. La Versilia sicuramente ha fatto la storia del costume musicale italiano, soprattutto per quanto riguarda la musica dal vivo. Nel 1955 apre a Marina di Pietrasanta la mitica Bussola, dove nel 1958 esordisce Mina. Poco più in là, a Forte dei Marmi, nell’agosto 1929 un albergatore del posto che si chiama Achille Franceschi, apre un capanno sulla spiaggia dove serve bevande e suona musica da un grammofono a manovella: la chiama Capannina. Ma è la Romagna a scrivere negli anni settanta il manuale della notte italiana. Il 29 giugno 1975 l’imprenditore Giancarlo Tirotti trasforma il suo sporting club in una discoteca avveniristica: la Baia degli Angeli. Con un cemento bianco che risplende domina verso il mare dalla collina di Gabicce da dove un raggio laser si alza fino al cielo. La pista da ballo centrale è circondata da due piscine e la consolle del disc jockey è dentro un ascensore con le pareti di vetro. Il dj può decidere se e quando fare su e giù. Ma è la musica a rendere famosa la Baia in tutt’Italia. Durante i suoi frequenti viaggi di affari negli Stati Uniti, il patron Triotti, frequentando la scena disco newyorchese nota che i dj suonano sempre e solo dance music per tutta la sera, mixando un brano con l’altro, senza pause e ballate. A Tirotti quest’idea piace talmente tanto che porta in Italia due dj americani: Bob Day & Tom Sison. La Baia degli Angeli è la prima discoteca italiana a suonare musica da ballo senza interruzione. I dj set di Daniele Baldelli, Mozart entrano nella storia. Inoltre è l’unico locale d’Italia a chiudere all’alba. Nel 1979 la Baia degli Angeli viene chiusa perché nel parcheggio del locale viene trovato ritrovato un giovane morto per overdose. Ma ormai è troppo tardi per tornare indietro: la discoteca è stata inventata e cambierà per sempre la nostra vita.
[Tratto dal magazine di maggio 2018]

(Foto: Baia degli Angeli)
14.05.2018