Forbes del prossimo 12 dicembre, lo vedete nella foto qui sotto, avrà in copertina un dj a noi piuttosto noto: Zedd. Forbes è una prestigiosa rivista di fama mondiale, parla di economia e finanza, ed è nota anche per la sua “classifica dei paperoni”, la lista che ogni anno rivela chi sono le persone più ricche del pianeta e la loro indicativa ricchezza patrimoniale. Spesso, negli ultimi anni, abbiamo trovato i nomi di dj come deadmau5, David Guetta e Calvin Harris tra i musicisti più danarosi del mondo. Oggi – anzi, il mese prossimo – uscirà questa lista di “30 under 30”, trenta artisti sotto i trent’anni che stanno guadagnando molti soldi e che lo fanno cambiando in qualche modo le regole del gioco, o meglio influenzando con il loro lavoro e la loro figura pubblica tutto ciò che ruota intorno al mondo stesso del music business.

Si tratta di un segnale importante, perché se è vero che le riviste anglosassoni sono spesso molto più spregiudicate di noi nel mettere sotto i riflettori una “sensation” che poi si rivela in molti casi un fuoco di paglia, è anche vero che Forbes è una testata affidabile e di assoluta rilevanza. Per questo vedere un dj come Zedd, giovane, perfettamente inserito nel nostro tempo e specchio di un’immagine bella, pulita, contemporanea della figura del dj, non solo ci fa molto piacere, ma è importante perché è un altro step che introduce i dj nei salotti buoni, ne sdogana l’immaginario e il lavoro. Che, a riflettori spenti, è fatto di sacrifici, fatica, poco sonno, tanto stress, incombenze e agende degni di un imprenditore di successo, e quindi è giusto e legittimo vedere un dj in copertina su Forbes nel 2017. In questa lista è presente anche Marshmello, sono presenti in realtà diverse personalità della nuova generazione del rap americano come Desiigner e G-Eazy, o artisti ormai affermatissimi come Justin Bieber, Taylor Swift, Frank Ocean, ci sono Daya, Gallant, Alessia Cara. Ma nella mitologia sociale americana sono tutte figure – le cantanti, i rapper – ormai ben radicate nel grande affresco di una società in rapidissima evoluzione, multirazziale per definizione, abituata alle iperboli e all’eccentricità. I dj sono ancora i newcomers, gli ultimi arrivati a prendere posto a tavola, ma mentre in Europa (il continente che paradossalmente ha visto svilupparsi e fiorire la dj culture e il mondo dei club fin dagli anni ’90, quando in USA il movimento era relegato ai margini dell’industria) esiste un dj stardom ormai da parecchio tempo, oggi sono proprio gli States a dare credito e a riconoscere ai giovani producer il ruolo di artisti in grado di cambiare il mondo, le prospettive, il modo di intendere il mestiere del musicista. I dj vivono connessi, sono dei nerd diventati star, ragazzi immersi negli schermi dei loro laptop e nelle loro cuffie, sono quanto di più vicino esista a un ragazzo “normale” di 15 o 20 anni. Questo è il bello. Ragazzi assolutamente normali che diventano star grazie a un talento fuori dal normale, e diventano aziende capaci di far girare l’economia, per usare una bruttissima espressione di utilizzo comune, portando con sè manger, agenti, assistenti, visual artist, videomaker, fotografi e tutto il resto. Team di persone sempre più numerosi, che diventano i nuovi professionisti, le figure di riferimento di un nuovo scenario economico e sociale che gira intorno ai mestieri dell’arte come mai era successo in passato.

L’arte si è in qualche modo regolarizzata, non abbiamo più in testa le sregolatezze del rock’n’roll, con il circo di matti e improvvisati al seguito: oggi i soldi sono tanti ma sono anche pochi, nel senso che gli introiti arrivano da attività diverse dal semplice percorso album-tour, e si deve pensare a una configurazione nuova anche per i mestieri che girano intorno all’arte. Ma proprio grazie a giovani under 30 come Zedd le cose possono girare nel modo giusto, o perlomeno nel modo consono al nostro tempo, in cui molti under 30 sono precari o devono comunque fare i conti con un sistema che fatica a garantire contratti a lungo termine o un paracadute sociale adeguato nel caso in cui le cose non vadano per il verso giusto. Ecco, la rivoluzione che Forbes mette in copertina non è tanto quella di una giovane superstar di bella presenza, di un ragazzo abbastanza figo da poter spendere sulla cover. E’ tutto quello che ci sta dietro, tutto il mondo che rappresenta e che porta con sè. Comandare il mondo a 28 anni non significa soltanto avere parecchi zero in attivo sul saldo in banca; certo questa è una bella serenità, ma il vero tesoro è quello di poter essere uno dei protagonisti di un cambiamento sociale positivo, paradigmatico, un esempio da seguire.
16.11.2017