• SABATO 27 LUGLIO 2024
Costume e Società

Sanremo è tutti noi, dalle canzoni alle polemiche

Il Festival di Sanremo si è appena concluso. Proviamo ad analizzare insieme l'ultima edizione con Amadeus alla conduzione e alla direzione artistica

La 74ᵃ edizione del Festival di Sanremo si è appena conclusa, e se tanti addetti ai lavori speravano solo finisse il prima possibile, secondo noi è un appuntamento importantissimo per la musica, un evento che riesce a fotografare uno specchio della realtà che ci circonda. Quindi ci permettiamo di fare alcune riflessioni.

Amadeus
Partiamo da Amadeus. Lui ha avuto il merito, non banale, di svecchiare una manifestazione che non era seguita da una larghissima fetta di pubblico. Ha avuto il coraggio di scegliere artisti che potessero rappresentare e attirare anche tanti, tantissimi giovani. Fino a qualche anno fa ci saremmo sognati di vedere quattro under 30 nella top 5 della classifica finale.  A livello di genere musicale è stato capace di portare novità, di portare sul palco dell’Ariston quello che è il nuovo pop, non nella sua accezione di genere musicale, ma proprio nel senso di musica popolare. Qualche anno fa sarebbe stato impensabile vedere gente come Lazza, La Sad, o ascoltare Geolier a Sanremo. E questo gli va riconosciuto.

Autori
Lungi dall’intrometterci nei lavori degli altri. Sanremo, investi in questo ambito! Scene come quelle di quest’anno sono state l’apoteosi dell’imbarazzo. Dallo sketch di Mengoni, al ballo di Travolta.

Le canzoni
Bisogna ammettere che quest’anno è stato caratterizzato da una mediocrità generale. Non c’è stato un brano per cui ho sentito qualcuno dire “wow!”. Questo fa riflettere. Ma è anche vero che stiamo parlando del Festival di Sanremo. Un evento in cui anche i più coraggiosi cercano di rimanere nella propria comfort zone (o in quella che alcune regole sembrano imporre per poter partecipare). Intendiamoci. Nessuno degli artisti in gara ha portato un brano “sbagliato”. Almeno personalmente, però, è parso sia stato sempre fatto quasi e solo il famoso “compitino”. Sarò di parte per gusto personale, ma l’unica vera canzone di rottura è stata quella de La Sad, un gruppo che ha avuto il coraggio di affrontare e di portare su un palco un importantissimo tema delicato. Per il resto tutto giusto essendo Sanremo per carità, ma spesso senza anima, sia nel testo, che nelle produzioni, che nell’interpretazione durante le esibizioni.

 

Le cover
L’emozione che ha trasmesso Angelina Mango non è riuscita a trasmetterla nessuno. Sarà stata forse la canzone del papà, può darsi. Ma quel trasporto non l’abbiamo visto in nessun’altra esibizione. In tanti hanno portato sul palco artisti giganti, ma lei con “solo” un quartetto d’archi è stata in grado di trasmettere molto più di tutti gli altri artisti in gara. Per il resto bene. C’è chi ci “ha azzeccato e chi meno”. Però niente è stato realmente fuori posto. E tutti i cantanti in gara sono più o meno riusciti a far rientrare nella loro dimensione la cover e l’ospite.

 

Le produzioni
Quest’anno, forse più del solito, si è dimostrato il momento in cui si è cercato di seguire il trend. Abbiamo sentito, al di là dei classiconi pop sanremesi, quasi solo Fred again.. e synth provenienti dalla melodic techno (artista che ha appena vinto due Grammy e genere che ormai va quasi per la maggiore). Alcune hanno quasi sfiorato il plagio a mio parere, ma forse è solo un impressione personale.

Gli ospiti
Tanti sono quelli rivedibili, o per lo meno da ragionarci insieme. Bene i partecipanti delle edizioni passate: come Tananai o Lazza (messaggio ai tecnici: sistemiamo i problemi degli in ear, altrimenti succederanno ancora scene come quella di Blanco l’anno scorso). Il resto si ricollega al punto 2. Tanti ospiti (nella loro più generale accezione: attori, comici, ecc) erano nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Il pubblico dell’Ariston
Si è persa un’ennesima occasione. Non sto difendendo Geolier, ognuno ha il proprio gusto personale. Ma non può e non deve esistere un pubblico che abbandona il teatro e che fischia l’esibizione frutto di un risultato di una votazione personale che decreta vincitore un ragazzo che non sta facendo nient’altro che il suo lavoro.

Foto: Matteo Baglioni

Il giornalismo musicale
Ultimo punto, ma non per importanza. Anzi. Abbiamo seguito il festival e abbiamo seguito le interviste e gli interventi di quasi tutti gli artisti. Le domande e le questioni poste da tanti giornalisti, troppi, a parere personale sono state mediocri e di scarsa professionalità, e a questo punto ben comprendo il perché un artista non abbia voglia di parlare con la stampa. Si è persa un’ulteriore occasione per farsi valere e per rivendicare il ruolo di “esperti di settore”.

P.S. Concludiamo con una domanda per fare riflettere. Dovrebbe fare più notizia che Geolier sia stato votato dal 60% del pubblico, o che abbia ricevuto solo l’1,5% di preferenza della sala stampa per un palese “capriccio” per la serata cover?

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