• SABATO 20 APRILE 2024
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Cosa stiamo ascoltando quest’estate? E come lo stiamo ascoltando?

Le piattaforme streaming si evolvono rapidamente offrendo maggiore qualità e funzioni HD. Tra le novità, Apple Music fa parlare di sé con il nuovo Spatial Audio in Dolby Atmos

In questa seconda estate di freno a mano tirato su tutto ciò che di solito la bella stagione ci regala, e cioè festival, eventi dal vivo, più tempo libero e quindi più voglia di andare per club, ci dobbiamo accontentare di ascoltare la musica in casa, o in cuffia, ma sempre in modalità “domestica”.

Ma oltre al cosa, perché non parliamo del come ascoltiamo la musica, visto che, appunto, ce la stiamo godendo soprattutto attraverso smartphone, computer, e apparecchi domestici? Certo, sono gli anni del ritorno del vinile, che ha superato ogni altro supporto se parliamo di vendite (ma niente illusioni: siamo distanti anni luce dalle cifre pre-internet); per i maniaci e i feticisti, si parla anche di un timido e microscopico mercato delle audiocassette (un caso interessante è ‘Fastlife 4’ di Gué Pequeno, di cui si può acquistare una limited edition con cassetta e ghettoblaster); qualcuno profetizza addirittura “il ritorno del CD”, giusto perché il business della nostalgia è un settore non più trascurabile. Ma la stragrande maggioranza degli ascolti avviene attraverso le numerose piattaforme di streaming presenti sul mercato. E dalle più note, come Apple Music, Tidal e Spotify, alle competitor come Qobuz, Deezer, Primephonic (una piattaforma dedicata alla Classica!), TIM Music fino a quelle legate a grandi aziende come YouTube Music (in cui è confluita anche Google Play), Amazon Music, ciascuna di loro cerca di distinguersi per delle caratteristiche di unicità, visto che, esclusive a parte, i cataloghi sono piuttosto omogenei, a differenza delle piattaforme video dove oltre alle licenze, sono le produzioni originali a differenziare la proposta. Per cosa si differenziano le piattaforme? E come scegliere quella che fa al caso nostro?

 

Naturalmente, il catalogo e l’organizzazione delle pagine e della playlist sono le prime, grandi differenze tra le app. Se i cataloghi sono sempre piuttosto forniti, a meno che non stiamo cercando dischi davvero di nicchia e fuori catalogo anche nel mondo fisico, home e organizzazione di pagine e ricerca sono fondamentali per rendere snella e gradevole la user experience. Playlist, preferiti, novità, raccolte a tema sono le catalogazioni con cui si cerca di esporre la merce sul bancone. Qualcosa che ricorda gli scaffali dei negozi di dischi, soprattutto nell’epoca dei megastore, con la conseguente “etichettatura” per generi dei vari artisti. In questo senso, molte piattaforme tendono a proporre layout e soluzioni simili. Svettano Spotify ed Apple Music per una maggior facilità e intuitività di movimento all’interno della schermata e tra le pagine (in particolare, l’azienda svedese è quella con l’interfaccia più intuitiva in assoluto). Un altro metro di paragone è certamente quello economico: c’è chi propone soluzioni Premium, chi regala due mesi di abbonamento (Vidal è arrivato a regalare tre mesi), chi permette di “spezzare” i costi con abbonamenti cumulativi. A conti fatti, se davvero si pensa di andare oltre alle versioni free, la spesa media è tra i 10 e i 14 euro al mese. E, ci teniamo a sottolinearlo, sono soldi ben spesi, e che vale la pena spendere: si tratta di rendere giustizia alla musica e di non pensare che sia tutto dovuto, tutto gratis. 10 euro menisli sono un costo molto basso, se pensate che fino a una decina di anni fa era il prezzo medio di un solo album in digitale, e ancora prima, un album in CD non costava meno di 15/18 euro (oggi un un vinile super allegramente i 20, talvolta i 30). Poi possiamo fare un discorso etico su come i soldi degli abbonamenti vengono ripartiti, ma qui sarebbe interessante un giorno approfondire con chi davvero ci lavora e conosce questi meccanismi, altrimenti restiamo nel campo del sentito dire, e preferiamo non essere parte di un sistema approssimativo di luoghi comuni.

Un criterio su cui vale la pena soffermarsi è quello dell’audio. Se davvero vogliamo scegliere una piattaforma che ci dia soddisfazione all’ascolto, è necessario un confronto dal punto di visa di come suona la musica. E qui c’è una novità decisamente interessante. Apple Music cala infatti l’asso con il nuovo Spatial Audio in Dolby Atmos, definizione altisonante per la nuova risoluzione del servizio streaming del gigante di Cupertino. In cosa consiste Spatial Audio? In una nuova grana del suono, assolutamente più generosa, di alta qualità, e soprattuto in grado di restituire una tridimensionalità all’audio in streaming fino ad oggi sconosciuta. Finora, Apple Music (che pure aveva una qualità streaming più che buona) aveva puntato su fattori come le numerose proposte radio di Beats 1 – e se avete voglia di tuffarvici troverete una concezione di radio davvero incentrata su contenuti, novità e con ampio focus sulla musica, come dovrebbe essere la radio per chi ama a musica e non solo i talk show – e l’ovvio, enorme appeal del brand. La qualità dell’audio era la prerogativa di Tidal, la piattaforma “degli artisti” (tanti erano i soci dell’azienda tra le superstar mondiali) che metteva al primo posto una fedeltà di riproduzione nettamente superiore alla media delle concorrenti. Fedeltà che invece, restando tra i big, era sempre invece imputata come assente verso Spotify. Non è del tutto vero: Spotify conta sulla popolarità del suo servizio (sono arrivati per primi grazie a scelte giuste al momento giusto e a un’ottima comunicazione nel decennio passato) e su un ascolto flat che – detto in maniera grossolana – va bene per tutte le stagioni, leggasi per tutti i tipi di riproduzione di cuffie.

 

Apple Music invece punta con Spatial Audio (peraltro sul sto italiano tradotto con la formula Audio Spaziale, che già ci invoglia) ad alzare sensibilmente l’asticella della qualità. E ne parliamo perché era qualcosa che ci voleva, perché quando si dice che lo streaming è la morte della qualità, forse non era proprio vero (ma vi ricordate quante volte abbiamo ascoltato musica da vecchi stereo malconci o da radioline gracchianti?), però di sicuro per chi è appassionato e vuole una fedeltà più alta, far partire una playlist non era esattamente come ascoltare un disco con la puntina e le casse giuste. Ecco, Spatial Audio ci restituisce proprio una cura sonora magnifica, spaziale appunto, non in 2D e tutt’altro che piatta. Mi sono divertito ad ascoltare (lo faccio spesso, roba da nerd del suono, lo so) le stesse canzoni su diverse piattaforme e con diverse cuffie, dalle standard alle più sofisticate. Da quelle a cavo da 19 euro a modelli pro come le AIAIAI TMA2. E se Tidal ha da sempre una qualità alta, adesso Apple è decisamente nella partita. Se poi utilizziamo le Air Pods Max o anche solo le Pro, siamo al top (le Max con il loro sistema di isolamento acustico sono impressionanti, in strada va fatta una certa attenzione, in casa sono perfette se avete coinquilini). Certo, è il famoso o famigerato “sistema chiuso” della Mela, che dà il meglio quando ci si lega ai loro prodotti in ogni fase della catena. Ma se ne vale la pena, perché no?

Il gioco del confronto continua poi con le altre piattaforme: oggi quasi tutti offrono una versione streaming in HD, naturalmente, da Amazon a Qobuz (molto buono), da YouTube Music Premium ancora in una frase un po’ embrionale, anche per tutto il lato video che andrebbe approfondito a parte) e a Deezer e Tidal (della cui qualità abbiamo detto). Chiaramente, scegliere la piattaforma preferita è una questione di diversi elementi, alcuni li abbiamo messi sul piatto, altri sono anche dettati da comodità e scelte personali, emotive. Ma il mondo dello streaming si sta aggiornando velocemente, e la qualità sta crescendo rapidamente, anche laddove streaming e aspetto social e pro si mescolano (SoundCloud e Bandcamp, ad esempio). Di sicuro, la mossa di Apple, che sta avendo ampia risonanza mediatica come ogni volta che da quelle parti escono con una novità sostanziale, ha mosso le acque. L’estate è la stagione giusta per esplorare territori che non avevamo mai visto. O in questo caso, ascoltato. Il tempo libero, le vacanze, lo stacco dalla solita routine ci predispone per provare qualcosa di nuovo. Questo vale anche per la musica che vogliamo ascoltare, e per come vogliamo ascolarla. A conti fatti, se amate la musica il consiglio è di provare tante piattaforme diverse. E tra queste, la novità di Apple è certamente la più curiosa. Ne vale la pena.

 

 

 

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Albi Scotti
Albi Scotti
Giornalista di DJ Mag Italia e responsabile dei contenuti web della rivista. DJ. Speaker e autore radiofonico.